Trent’anni dallo sbarco di 20.000 albanesi a Bari

NOCI – Bari, 8 agosto 1991. «A Bari non c’era nessuno del mondo istituzionale. Erano tutti in vacanza: il prefetto, il comandante della polizia municipale, persino il vescovo era fuori città. Quando uscì di casa però non immaginava quello a cui stava andando incontro. […] Dopo qualche ora, mi telefonò dicendomi che c’era una marea di disperati, assetati, affamati. Aveva una voce così commossa che non riusciva a terminare le frasi. Non dimenticherò mai l’espressione che aveva quando tornò a casa, alle 3 del mattino dopo. “Sono persone” – ripeteva – “persone disperate. Non possono essere rispedite indietro: noi siamo la loro ultima speranza.»
Rispondeva così, nel corso di un’intervista, la moglie dell’allora primo cittadino barese, Enrico Dalfino, nel momento in cui un giornalista le chiese di spiegare la reazione più “intima” del marito dinanzi a quella situazione che – più tardi si comprese – avrebbe decretato l’inizio di una nuova fase sociale, culturale e politica.

Il 7 agosto 1991, la nave mercantile Vlora, di ritorno da Cuba, fu assalita, nel porto di Durazzo, in Albania, da una folla di circa 20.000 persone che costrinsero il comandante a salpare per l’Italia. La nave attraccò al porto di Bari l’indomani, l’8 agosto 1991. Non appena s’intravide il porto, molti albanesi cominciarono a tuffarsi in mare. Non gli pareva vero di vedere, dinanzi a sé, quell’Italia che tanto avevano visto in TV, quell’Italia che rappresentava per loro un modello ideale di vita, di libertà, di cultura. La nave giunse nel porto di Bari barcollando, sfinita da quel carico di commistione di disperazione e sogni: ogni albanese imbarcato sperava “solamente” in un futuro migliore, più dignitoso, sperava di ricongiungersi alla vita.

La gestione di un flusso così cospicuo e inaspettato di migranti, perlopiù in pieno agosto, colse impreparate le istituzioni italiane, specialmente quelle locali. Tuttavia, da sempre, si ricorda l’impegno dimostrato, nonostante le difficoltà nella gestione di un avvenimento senza precedenti, dal sindaco Dalfino, da tutta la popolazione barese e dai paesi limitrofi.
Gli albanesi sbarcati arrivarono anche a Noci e furono accolti in alcune strutture, tra cui il Santuario della Madonna della Croce che, già allora, era dotato di locali di prima accoglienza. L’accoglienza ricevuta fu, per tanti di loro, inaspettata: nella loro Terra natìa erano stati violentati nell’anima, nella dignità, nella loro stessa identità. L’accoglienza ricevuta fu, per i “fuggitivi” un abbraccio caldo, una voce amica che sembrava dire: “Qui, per te, c’è una seconda possibilità.”. Quell’8 agosto 1991, molti albanesi “vennero al mondo” una seconda volta.

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