L’aborto è un tema di grande rilevanza e dibattito nella società contemporanea, coinvolgendo aspetti etici, sociali e religiosi. Tra i diversi punti di vista, si distinguono il pensiero cattolico e quello laico. La Chiesa cattolica considera l’aborto come un atto moralmente riprovevole, contravvenendo al precetto fondamentale della sacralità della vita umana. Sin dai tempi antichi, la dottrina cattolica ha fortemente sottolineato il rispetto assoluto per la vita in tutte le sue fasi, concependo l’aborto come un grave peccato che lederebbe il diritto inalienabile alla vita del nascituro. D’altro canto, il pensiero laico tende a porre l’accento sulla libertà individuale e sull’autodeterminazione, sottolineando il diritto della donna di decidere sul proprio corpo e sulla propria maternità. Nel contesto laico, l’aborto viene considerato (giustamente) un diritto fondamentale delle donne, volto a garantire la propria autonomia e dignità.
Nel corso dei secoli, la storia e la pratica dell’aborto hanno subito trasformazioni, passando da condizioni insalubri ad una regolamentazione legislativa. Il confronto tra i due approcci evidenzia una dicotomia ideologica, che richiede dialogo e rispetto reciproco.
In Italia, la Legge 194 del 1978 ha regolamentato l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni per motivi di salute, economici, sociali o familiari. La “ratio legis” è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso i consultori familiari. Prima del 1978, l’aborto in Italia era considerato un reato punibile con la reclusione, tuttavia un cambiamento radicale si è verificato con la diffusione del femminismo ed una diversa sensibilità morale che ha portato alla modifica della legislazione proibitiva sull’aborto. Dato anche un alto numero di aborti illegali causanti complicazioni e morti.
Grazie all’impegno del Partito Radicale e alla loro campagna referendaria, il panorama ha iniziato a cambiare. Infatti, nel 1975, figure di spicco come il segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, la fondatrice del CISA Adele Faccio ed Emma Bonino, si sono autodenunciati per aver praticato aborti illegali, portando ad arresti e proteste di piazza. Per di più, una delegazione guidata da Marco Pannella ha presentato, nel febbraio 1976, una proposta di referendum per abrogare la legislazione proibitiva sull’aborto. Nonostante la raccolta di oltre 700.000 firme, la consultazione referendaria non si è svolta poiché il presidente Leone dovette sciogliere le Camere. Tuttavia, la Corte Costituzionale emise una sentenza storica nel febbraio 1975, permettendo l’interruzione volontaria di gravidanza per motivi gravi, sostenendo che la salute della donna non poteva essere equiparata a quella dell’embrione o del feto. Da qui la consapevolezza della politica di formalizzare una legge sull’interruzione di gravidanza e attuare dei consultori per aiutare le donne ad abortire.
La storia e la pratica dell’aborto hanno conosciuto profonde trasformazioni nel corso dei secoli, passando da un’epoca in cui era spesso praticato in condizioni insalubri e pericolose, a una progressiva regolamentazione legislativa che ha cercato di conciliare i diversi punti di vista in gioco. L’emergere di normative che regolamentano l’aborto, stabilendo limiti temporali e condizioni in cui è ammesso, riflette la complessità e la delicatezza del tema. L’aborto rimane uno dei temi più complessi e divisivi della nostra società contemporanea, richiedendo un approccio empatico, ragionato e rispettoso nei confronti delle diverse prospettive in gioco. Solo attraverso il dialogo costruttivo e la ricerca di un equilibrio tra i diversi valori in campo sarà possibile affrontare questo tema con la necessaria sensibilità e responsabilità.