La strage di Capaci e la trasferta del Bari

NOCI – Marzo 2017: con un gruppo di amici con cui condivido la passione per il calcio decidiamo di noleggiare un pulmino e seguire la trasferta del Bari a Trapani: è la più lunga trasferta del Bari di quell’anno ma la passione copre la fatica e, a dirla tutta, è molto piacevole. Attraversiamo tutta la Sicilia da Messina in direzione Trapani ed arriviamo a Palermo: “in Sicilia è sempre estate” dice qualcuno ed in effetti il clima è quello estivo mentre il territorio della Sicilia rapisce la nostra attenzione.

Superato Palermo giungiamo nei pressi dell’aeroporto di Punta Raisi ed all’uscita di Capaci come un contrasto tra la bellezza del luogo, dove la montagna dirada nel mare cristallino col beneplacito di un sole meraviglioso, ci fermiamo nei pressi della stele ivi presente con la seguente scritta: “ 23 maggio 1992 Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani”.

Mario Forti
Mario Forti

L’allegria si trasforma in silenzio, silenzio di rispetto e meditazione. E mi tornano in mente le parole di Falcone: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”. In questi giorni riecheggia nell’aria l’importanza della cultura della legalità. Diversi uomini nel corso della storia hanno compiuto numerose e coraggiose indagini contro organizzazioni criminali. Borsellino ha più volte ribadito che «magistrati e polizia si sono a lungo occupati da soli della mafia, lo Stato non ha fatto sostanzialmente nulla; non ha fatto nulla per creare un’amministrazione della giustizia efficiente in senso soprattutto civile».

Entrambi i magistrati erano consapevoli che le sole azioni giudiziarie non potevano e non possono fare piazza pulita sulla mafia: nel momento in cui il cittadino non si identifica nell’istituzione inizia anche a non osservarne le leggi; questo solitamente accade quando non si sente tutelato dallo Stato su determinati bisogni: il bisogno di giustizia, di sicurezza civile ed economica. Davanti a tale mancanza si cercano dei “sostituti” che possano dare risposta immediata: la mafia nasce perché si presenta come qualcosa che assicura questi servizi, ma non li assicura a tutti perché per dare a uno deve togliere a un altro.

Per mafia non bisogna intendere una organizzazione criminale legata ad un determinato territorio ma una “mentalità” che è presente ovunque anzi oggi è più presente in altre parti dell’Italia che in Sicilia. Sono gli ambienti scolastici, i luoghi in cui bisogna molto insistere e insegnare l’importanza e il valore della cultura della legalità perché è attraverso la cultura di un Paese, le idee e il suo modo di pensare, che si possono sconfiggere le organizzazioni criminali. Ne è valsa la pena? Domanda dalla risposta difficile: io credo che Falcone e Borsellino abbiano fatto il loro dovere fino in fondo, sapevano che potevano morire e hanno continuato a svolgere il loro lavoro.

Hanno lasciato un segno indelebile ma su quanto questo abbia cambiato il Paese nutro serissimi dubbi; in un mondo che non crede quasi più a nulla, loro credevano in qualcosa.. ed è una cosa bella !!! Anche una trasferta del Bari si può trasformare in qualcosa di molto profondo

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