Grazie Giovanni

NOCI – Era un giorno di Maggio del 1992, il 23 per l’esattezza, uno di quei giorni caldi che a sud ti fanno uscire volentieri di casa. Noi eravamo poco più che ventenni, eravamo rientrati dall’università per il fine settimana e ci godevamo un tranquillo sabato tra amici, nella strada rionale. In quel momento, alle 17.58, un tratto di strada venne divelto dal diavolo, sbalzando via una macchina della scorta ed ergendo un muro di detriti, quel muro che segnò la fine di un cammino, quello di Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Poco dopo qualcuno esce dalle case per darci la notizia. Così le nostre vite conobbero forse una delle grandi delle efferatezze, per noi la prima, che l’uomo malvagio è in grado di fare. Un branco di criminali, quintali di esplosivo ed un telecomando, la tecnologia al servizio del male.

Il nostro sentimento era di smarrimento, ad un tratto eravamo tutti più insicuri e addolorati. Storditi, frastornati, a vent’anni iniziavamo ad entrare forse davvero nel mondo reale, dove non c’è solo il calore di mamma e la protezione di papà. Quella generazione di ventenni ha conosciuto, in quel gesto eclatante, la violenza, la forza cieca e feroce che opprime la libertà ed il diritto. La belva egoistica, furba e famelica, che vive nell’uomo, ci aveva scossi tremendamente, e con noi si era fermata tutta l’Italia.

Con Giovanni Falcone avevamo perso una speranza, un baluardo, un uomo di valore. A distanza di 25 anni, un quarto di secolo, noi oggi abbiamo la responsabilità di riattivare i valori dell’eroe Giovanni Falcone. Sì, chi muore per liberarci dal male è un eroe, anche in senso religioso, chi se no! Quel sacrificio vale solo se noi oggi sappiamo guardare alla sua storia e ritrovarla un po’ in noi stessi. Giovanni era nato a Palermo, il 18 Maggio, era del segno del toro. Nacque senza urlare e coi pugni chiusi, così è stata la sua vita, con umiltà ha combattuto per il bene, come simboleggia la colomba entrata dalla finestra al momento della sua nascita. È nato e cresciuto in un quartiere abitato da mafiosi, come Buscetta, Spadaro. Li ha frequentati, conosceva quella cultura. Falcone ha sacrificato molto della sua vita per combattere la mafia, vivendo blindato, quasi carcerato. Ha fatto tutto questo solo per semplice spirito di servizio, senza mai un dubbio o una ripensamento di abbandonare questa lotta.

Oggi è doveroso fermarsi, certo, a commemorare Giovanni Falcone, ma soprattutto a riflettere, dare un senso alle sue azioni, parole e insegnamenti, e recuperarle dentro di noi. Altrimenti sarà tutto vano. Falcone era fermamente convinto che “la mafia non è affatto invincibile”, “è un fatto umano” e come tale “ha un inizio ed una fine”. In questo messaggio Falcone ci insegna che in ognuno di noi ci sono forze malefiche e benefiche, che ci ritroviamo sempre davanti, che si attivano a seconda del nostro atteggiamento. Questa sua consapevolezza è un insegnamento per tutti noi, che sopravvive a Falcone stesso, ci dice di conoscere, quasi ci incita a confessare i nostri limiti, il nostro Inferno. Solo ammettendo il male (mafia) come fatto umano è possibile svuotarlo di quella energia e quindi educarci ai valori positivi e collettivi. L’uomo di mafia è prima di tutto uomo, che vive una fase dannata, chiusa nell’egoismo, non curante della sacralità della vita e della natura. Uomini che vivono in preda ad un istinto animale e in separazione da Dio. Falcone col suo sacrificio e la sua testimonianza ci lascia un monito, una via di uscita ed una speranza.

La via di uscita di Falcone è scritta chiara in una delle sue frasi più pregnanti: “occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l’essenza della dignità umana.” È senza dubbio una frase che fa venire la pelle d’oca. Il suo “qualunque sacrificio da sopportare” non va necessariamente inteso come perdere la vita, piuttosto come rinuncia, quello sì.

Il “male” non consiste solo nell’ingannare il popolo, prendere tangenti, ricattare, minacciare, occupare e delinquere in ruoli politico-amministrativi, fino ad uccidere. Il male sta nell’atteggiamento col quale noi tutti affrontiamo questi aspetti della vita. Il male supremo sta in ognuno di noi quando eludiamo la nostra responsabilità sociale, in quel momento secondo Falcone non stiamo compiendo il nostro dovere e perdiamo la dignità umana. A venticinque anni dalla sua scomparsa possiamo facilmente scorgere intorno a noi l’incontinenza dell’uomo malvagio e furbo, che ruba, froda ed inganna con furbizia e lo fa solo per sé, per accumulare o sprecare ogni bene materiale, per brama insaziabile di potere sul suo simile. Possiamo scorgere la violenza, la superbia, il potere espressione di una emotività volgare.

Con umiltà, noi della Scelta Buona abbiamo fatto queste riflessioni ed abbiamo voluto ricordare così Giovanni Falcone, un eroe che è tale perché i suoi valori sono immortali, una persona che attraversa lo spazio ed il tempo indicandoci da dentro, con la sua voce ferma e dolce, che bisogna stare dalla parte della legge, dei valori di onestà. Se amiamo Giovanni Falcone, se amiamo quella sua parte religiosa che è in ognuno di noi, compiamo il nostro dovere e, sacrificando qualche scorciatoia, conquistiamo la dignità umana.

 

Enzo Bartalotta

Presidente di La Scelta Buona

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