Einstein aveva ragione: arriva la conferma sulle onde gravitazionali

NOCI – Occorre aggiornare i libri di testo, da quelli di fisica a quelli di storia. L’11 febbraio 2016 è stato ufficialmente dato l’annuncio della scoperta delle onde gravitazionali.

Tutto è cominciato lo scorso 14 settembre quando alcuni dispendiosissimi osservatori hanno registrato nello spazio un’interferenza di circa 10 millesimi di secondo. Da qui un’importante mobilitazione di tempo e risorse volta a comprendere cause e contenuti dell’anomalia, fino ad arrivare all’odierna rivelazione che può definirsi epocale: due buchi neri (rispettivamente di masse solari 29 e 36) sono collassati l’uno sull’altro originando un unico buco nero decisamente più robusto e compatto di circa 62 masse solari. Le onde gravitazionali rilevate si configurano come il prodotto del processo di fusione dei due buchi neri e sono state generate nell’ultima frazione di secondo di tale evento.

Le collaborazioni LIGO a Washington e VIRGO presso la sede dell’European Gravitational Observatory a Cascina possono così vantare il merito di aver aggiunto un capitolo mozzafiato alle pagine della letteratura scientifica. A onor del vero però, Albert Einstein aveva previsto tutto questo esattamente un secolo fa quando illustrava la sua celebre teoria della relatività generale.

Sin dal 1915 infatti, il più famoso fisico di sempre ci aveva regalato quelle che sarebbero diventate, a ragione, pietre miliari nel sapere. Conoscevamo già, dai libri di scienza inghiottiti sui banchi di scuola, che le onde gravitazionali fossero pieghettature dello spazio-tempo determinate dell’interazione di due masse che si muovono l’una verso l’altra quasi alla velocità della luce. Detto diversamente, come quando lanciamo un sassolino nell’acqua che va a creare anelli ottici concentrici. Così immaginiamo le onde in gravitazione. L’unico problema in cui era incappato Einstein era che all’epoca mancavano gli strumenti atti a validare concretamente la sua teoria. Ma oggi l’evoluzione lo ha permesso. Non resta che aspettare il Nobel.

(Foto dal blog di Manuel Marangoni – buco nero)

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