Blue Whale, i genitori vigilino sui figli

NOCI – Che la pubblicizzazione dei suicidi da parte dei mass media potesse suscitare comportamenti imitativi nel grande pubblico lo sapevamo già dal lontano 1774 quando la diffusione del romanzo di Goethe, I dolori del giovane Werther, vide lo spopolare di una nuova moda: in molti cominciarono a vestirsi e a comportarsi esattamente come il personaggio del racconto. Qualcuno si uccise anche, rispecchiando ed emulando la sofferenza di Werther che, innamorato di una donna ma non corrisposto, mise volontariamente fine alla sua vita sparandosi alla testa.

Il sociologo Durkheim così, aveva riempito scaffali copiosi della letteratura psicologica affermando che il suicidio si può comunicare per contagio da una persona all’altra. E a distanza di decenni, la sua tesi regge più forte che mai.

A balzare agli onori della cronaca infatti è il terrificante gioco online che ha condotto alla morte già 157 adolescenti. Si chiama Blue Whale ed è nato in Russia ma si è presto diffuso in Francia, in Gran Bretagna, in Brasile e pare essere arrivato anche in Italia. Sebbene alcuni siano convinti di essere alle prese con una notizia commediante e non credono alle dichiarazioni rilasciate dai genitori di figli deceduti pensando, al contrario, di non avere sicuri e comprovati collegamenti tra realtà e supposizioni, il fenomeno non può non essere approfondito con le dovute attenzioni che merita.

Il gioco si caratterizza di livelli a difficoltà crescente appositamente studiato da manipolatori adibiti a dettare le regole di svolgimento. Per cinquanta giorni il “curatore” che segue l’andamento del passatempo infernale di ciascuno, prescrive il comportamento da adottare quotidianamente e che consiste ad esempio nel tagliarsi la mano, farsi incisioni a sangue sul corpo, disegnarsi sul braccio balene blu, guardare pellicole horror, uscire di notte e vagare per la strada. La spirale diabolica continua in questo modo con prove da superare sempre più irrazionali fino a che il “tutor” comunica la data in cui il giocatore deve suicidarsi lanciandosi dal palazzo più alto della città. C’è di più, l’ultimo livello del gioco deve essere filmato da qualcuno e trasmesso in rete.

Trattasi, in maniera lapalissiana, di un gioco malato quanto potentissimo che riesce a far leva sui meccanismi mentali più fini dell’essere umano e che coinvolge ragazzini dai 9 ai 17 anni volenterosi di superare ogni livello per poter diventare “eroi” all’interno della community virtuale.

Al di là di ogni sensazionalismo, il monito che assurge ad imperativo è quello rivolto ai genitori di bambini e adolescenti che devono vigilare e controllare continuamente link, siti e cronologie sui pc e sui telefoni dei propri figli. Il gioco infatti ordina di non parlare con nessuno per cui importantissimo diventa osservare e captare comportamenti e dettagli di comportamenti anomali di questi ragazzi che sin da piccolissimi hanno troppa possibilità di accesso alla rete.

Il caso del suicidio a Livorno di poche settimane fa palesemente collegato al Blue Whale invita ancora maggiormente a prestare una inesorabile opera di sorveglianza da parte degli adulti.

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