Autismo: quando la diversità fa paura

NOCI – “Sono una mamma di 39 anni. Dopo la nascita della prima figlia sono rimasta incinta di Joelle, nata con parto spontaneo, bellissima! Ciucciava al seno tanto ma non  dormiva, piangeva spessissimo. Crescendo non è migliorata. A due anni parlava pochissimo, giocava da sola ma faceva giochi strani, le bambole le appendeva a delle corde e le guardava penzolare trattenendo il fiato e tremando per l’emozione. Ha iniziato a camminare tardi, aveva delle crisi di pianto fortissimo e aggressività. Andava a letto solo alle 4 del mattino, si scavava gli occhi fino a farsi sanguinare per non dormire, si faceva la pipì addosso e ci si rotolava dentro, correva contro le porte a vetri. Io credevo di impazzire. Non dormivo mai, non riuscivo a fare nulla durante il giorno. In strada tutti ci additavano dicendo che avevamo una bambina viziata quando si buttava a terra in lacrime, non sopportava neppure i rumori forti. Io non conoscevo l’autismo, avevo pensato potesse avere dei forti mal di testa”.

Questa è la testimonianza da brividi di un genitore che ha dovuto impugnare la dolorosa cartella clinica di una figlia a cui viene fatta una diagnosi tra le più terribili conosciute.

Si definisce “autismo” il disturbo neuro-psichiatrico con esordio nella prima infanzia che colpisce le funzioni cerebrali determinando scarsa competenza socio-relazionale e comunicazionale come pure evidente ritiro in un mondo interiore e si palesa con comportamenti e attività ristrette e ripetitive nonché con iper o ipo-reattività agli stimoli sensoriali provenienti dall’ambiente.

Fissata dall’ONU al 2 aprile la data per la celebrazione della giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, questa patologia chiede a gran voce che si diffondano informazioni, che si creino sportelli di sensibilizzazione, che si incrementino le ricerche sul tema.

Uno scompenso pervasivo dello sviluppo, un handicap da cui non ci si salva, un disturbo ad eziologia tutt’oggi ancora dubbia.

Sebbene gli studiosi siano in larga maggioranza d’accordo che i fattori genetici siano prevalenti nella ricerca delle cause (oltre 90% di correlazione riscontrata nei gemelli), anche i fattori ambientali sembrano giocare un ruolo di attaccante che va a contribuire se non a peggiorare la sintomatologia: infezioni, cibi, metalli, fitofarmaci, droga, alcool, fumo, scarico dei gas e vaccini. Notevole è stata negli anni l’attenzione posta appunto sulla tesi che il vaccino fosse una tra le cause più accreditate nella determinazione dei disturbi dello spettro autistico in quanto questi ultimi insorgono esattamente nella stessa età in cui i bambini vengono vaccinati. Una connessione al momento non verificata e quindi ritenuta infondata.

Allo stato attuale dunque non vi è alcuna teoria soddisfacente su quali che siano le cause certe della patologia, fatto sta che si tratta di un mostro che fa paura, tanta.

Sin da subito i genitori captano segnali particolari, sentono che c’è qualcosa che non va nel repertorio comportamentale dei propri figli: non rispondono al loro nome, non sanno indicare quel che vogliono, preferiscono giocare in solitudine, non sorridono agli altri, sono provocatori e aggressivo, non sopportano i suoni, presentano scarso coordinamento  motorio e ritardo nel linguaggio.

Per l’autismo non c’è cura. Non si guarisce ma di certo si può migliorare attraverso interventi individuali costruiti ad hoc sulle difficoltà riscontrate.

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