Un muro rosa contro la violenza sulle donne

NOCI – La storia di Federica De Luca è la storia di una trentenne, laureata in lingue, arbitro di pallavolo della sezione di Taranto, madre del piccolo Andrea, con l’unica colpa di aver amato chi amore non avrebbe meritato. È una storia di dolore, distruzione, violenza. E la violenza, avrebbe scritto Oscar Wilde, è tra quei pochi fatti che non si possono eliminare a forza di spiegazioni. Nulla che si possa spiegare, giustificare, comprendere o compatire. Tutto ciò che si può fare è parlarne, diffondere le storie, far toccare con mano alla gente il dolore affinché tali tragedie possano non ripetersi. È questo il nobile obiettivo che la FIPAV ha deciso di perseguire, indicendo la “Settimana di Federica”, dal 20 al 26 novembre, legandosi alle iniziative per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne che si celebra il 25.

La società di pallavolo nocese, la Real Volley Noci, ha scelto di aderire organizzando un convegno denominato “Facciamo muro contro la violenza” (in collaborazione con l’agenzia di comunicazione sportiva “Sport in Progress”, il Centro Antiviolenza “Andromeda” e con il patrocinio del Comune di Noci) svoltosi lunedì 20 novembre, presso il chiostro di San Domenico. Presente all’evento, presentato dalla giornalista Maura Carrelli, la mamma di Federica: Rita Lanzon. Madre e nonna che ha dovuto trovare tanta forza dentro di sé, per raccontare di quel tragico 7 giugno 2016, che le ha tolto, prepotentemente e per sempre, figlia e nipote.

Rita racconta di una figlia forte, determinata e motivata, innamorata di un uomo, Luigi, con il quale aveva avuto il piccolo Andrea. La vita con il marito era divenuta sempre più difficile per Federica, che iniziò a sospettare di quei suoi appuntamenti di lavoro, che di lavoro non erano e che dovette fare i conti con una denuncia da parte di una ragazza per tentato stupro per mano del suo Luigi. Quando i sospetti divennero certezza, Federica chiese la separazione. Luigi, l’uomo che amava, il padre di suo figlio, decise di risposta di massacrarla. Rita racconta, con un dolore indicibile nella sua voce, di sua figlia picchiata e soffocata. L’uomo avrebbe poi lasciato la casa, preso il piccolo di tre anni, portandolo in un’abitazione di campagna e qui, con un colpo di pistola in testa, gli ha tolto la vita per poi spararsi con la stessa arma.

A Rita non resta più nulla, se non la voglia e il bisogno di battersi per diffondere un messaggio importante, quale quello di lotta alla violenza e all’omertà, all’indifferenza di chi vede e tace, che parimenti uccide. Attorno alle sue parole si stringe il ricordo di Federica espresso da Mimmo Traversa, arbitro storico della pallavolo. Tra i presenti, al tavolo di discussione sul tema, vi è la dott.ssa Lorita Tinelli, psicologa e assessore allo sport del Comune di Noci, che porta all’attenzione una serie di numeri sconvolgenti sulla diffusione del fenomeno del femminicidio, affiancando alle statistiche una riflessione sull’importanza imprescindibile della denuncia immediata, da parte di chi subisce violenza di qualsiasi tipo. La responsabile del centro “Andromeda” Angela Lacitignola ha voluto sottolineare con forza il valore dello sport come arma di prevenzione, come possibilità di sviluppare coraggio, autostima, determinazione, come spazio in cui acquisire gli strumenti per combattere, reagire ed allontanarsi da un possibile carnefice.

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Il Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione sen. Angela D’Onghia, ha invece posto in essere la necessità di partire dalle scuole, dall’educazione, dai bambini a cui va insegnato il vero valore dei sentimenti, il senso di condivisione e aiuto, affinchè sappiano coltivare relazioni sane e comprendere il significato reale dell’amore. A chiudere la serata è stato l’intervento della la dott.ssa Giulia Basile, referente per la Puglia dell’associazione “Toponomastica femminile”, pronta a portare all’attenzione come il nostro sia un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, cosa che si nota proprio considerando un elemento, apparentemente banale, quale le insegne delle nostre strade e piazze, dedicate per la stragrande maggioranza ad eroi, uomini. Ma di eroine la storia è piena ed allora, secondo la dott.ssa Basile, bisognerebbe partire proprio da una lotta per la parità dei generi, che possa annullare i rapporti di forza e di superiorità per poter poi debellare il terribile fenomeno della violenza sulle donne.

Tutti i presenti hanno avuto l’occasione di riflettere sul tema, portandosi a casa l’importante messaggio che l’amore non uccide e che bisogna trovare dentro di sé la forza ed il coraggio di allontanare dalla propria vita chi manca di rispetto alla nostra persona, anche solo con un’offesa o uno schiaffo. Perché non è amore. Si pensi, del resto, che la parola amore deriva dal latino e si compone di “a” privativo e “mors” e dunque significa letteralmente “senza morte”. L’amore che uccide non è amore.

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