Le grotte di Noci, un patrimonio da salvaguardare

NOCI – La bellezza di Noci non è soltanto in superfice, ma è anche sotterranea. Infatti, come tutto il sottosuolo della maggior parte della Puglia, anche il nostro territorio presenta tutte quelle caratteristiche geografiche e morfologiche che offrono uno spettacolo molto simile a quello delle famose grotte di cui Castellana si fa promotrice. Assenza di corsi d’acqua superficiali, alta impermeabilità del terreno, altopiani irregolari, presenza di doline e della così detta “terra rossa”, sono alcune delle caratteristiche che fanno pensare a dei veri e propri labirinti che si celano sotto i nostri piedi.

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Grotta della Madonna (zona Barsento)

Un primo censimento delle grotte presenti all’interno del Comune di Noci, nel 1952, lo si deve a Leonardo Morea all’interno della sua tesi di laurea “Contributo alla conoscenza delle forme carsiche del territorio di Noci”, dove vengono descritte anche numerose doline come quella della Madonna della Scala, la più ampia del territorio nocese. Negli anni novanta, in un articolo del Noci Gazzettino si contano circa 17 cavità. A queste si aggiungono molti inghiottitoi e numerosissimi “capevint”, cioè fori situati sul fondo di doline o depressioni dove l’acqua piovana viene assorbita, spinta dalla pendenza del terreno, come se fosse risucchiata da un forte vento. Oggi il numero di queste cavità è salito a 18 ma potrebbero essercene altre. I risultati delle esplorazioni delle varie grotte sono raccontati sulle pagine del Noci Gazzettino, sempre di quegli anni, da Mimmo Ciliberti, Vincenzo Manghisi e Gabriele Righetti del Gruppo Puglia Grotte. Bisogna precisare che la maggior parte di quelle che oggi vengono definite grotte, non sono altro che caverne o cavità, che seppur naturali, sono state scavate dalla mano dell’uomo. Alcune, invece, sono delle vere e proprie grotte, che meritano una particolare menzione.

MADONNA DELLA CROCE – La grotta della Madonna della Croce, situata sulla direttrice per Castellaneta all’interno di una nota attività ricettiva, è l’esempio a Noci di una tipica grotta religiosa. La cavità, tipico esempio di inghiottitoio delle Murge, lungo 24 metri e profondo 8, a partire dagli anni novanta ha perso tutto il suo fascino che un tempo lo contraddistingueva. Infatti, la costruzione delle sistemazioni turistiche, hanno stravolto la sua struttura originaria, rendendola visitabile con tanto di gradini; oggi la grotta è recintata e non è possibile accedervi. Molte ipotesi sono state effettuate circa la presenza del quadro all’interno della grotta. Si suppone infatti che la persecuzione iconoclastica ordinata da Leone Isaurico, il quale ordinò di distruggere tutte le immagini religiose, costrinse i cristiani dell’epoca a nascondere tali immagini all’interno di luoghi di difficile accesso, obbligando gli abitanti del posto a portare il quadro raffigurante la madonna con bambino all’interno della vicina grotta. Come poi la leggenda racconta, il quadro fu successivamente ritrovato sul fondo della cavità, nonostante questa non fosse adatta né custodire l’affresco, né a far rinvenire sulle sue parteti la presenta di intonaco.

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Grotta Madonna della Croce

GROTTA DEI CORALLOIDI – Sempre negli anni novanta fa notizia una grotta scoperta nel territorio nocese dove è presente un aggregato di minerali di grande bellezza, quasi quanto quello delle vicine grotte di Castellana. La grotta si presenta con un soffitto tappezzato da stalattiti policrome, pareti ricoperte da abbondanti colate calcitiche e un pavimento ricoperto da una singolare concrezionamento coralloide da dove ne deriva il nome. La grotta è anche la protagonista del ritrovamento di alcuni cocci di quello che poi si scoprirà essere un vaso dell’Età della pietra, nonostante mancasse buona parte dell’intero oggetto. Alcune ipotesi effettuate sulla presenza del manufatto all’interno della grotta, fanno pensare che sia stato proprio l’uomo a lasciarlo lì nel tardo Neolitico. Oggi il vaso si trova all’interno del Museo Nazionale Archeologico di Altamura, portato lì sotto intimidazione da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia sul gruppo che lo ritrovò in quegli anni. Essendo un reperto ritrovato all’interno del nostro territorio sarebbe di buon auspicio che ritornasse nel nostro comune, inserito magari in un museo, data la sua importanza storica.

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Grotta Gemmabella

GROTTA GEMMABELLA – Forse è la grotta più conosciuta del nostro territorio, la più grande e la più estesa delle cavità nocesi, situata nell’omonima masseria, a circa 10 km a sud dell’abitato. Le prime notizie della grotta risalgono a un articolo datato 20 agosto 1927 della Gazzetta delle Puglie dove i soci del Circolo Cattolico “A. Manzoni” esplorarono la grotta di cui all’epoca si raccontavano favole misteriose, mettendola al pari di altre grotte del suo genere, data la presenza nel suo interno di considerevoli meraviglie. Il 24 gennaio del 1938, Franco Anelli, lo stesso che esplorò le grotte di Castellana il 23 gennaio dello stesso anno, su invito del circolo “A. Manzoni” perlustrò la grotta descrivendola come “un intricato succedersi di stretti passaggi, di basse volte, di cunicoli invasi di limo, testimonio di un’attività idrica non estinta”. Successivamente, negli anni ’40, un gruppo, tra i quali vi era anche Don Anastasio, si recano nella grotta per prendere delle colonne di stalattiti e stalagmiti per costruire l’altare della Madonna di Lourdes all’interno della chiesa dei Cappuccini. Nel 1989 un altro gruppo, formato dall’assessore alla Cultura Piero Liuzzi, i fratelli Rocco (il quale effettua delle riprese) e Antonio Colucci e Onofrio Colucci, con un’uscita “speleo-turistica”, fanno visita alla grotta. Nella descrizione che ne viene data, si evince un grande dispiacere, dal momento la grotta risulta essere stata seriamente mutilata e danneggiata, con vere e proprie opere di vandalismo. Infatti alcune stalattiti e stalagmiti risultano lacerate e spezzate, mutando la grotta dalla sua originaria bellezza. Questo tipo di grotte meriterebbero invece maggior tutela e attenzione, poiché la formazione di tali composizioni calcaree richiede migliaia di anni prima di potersi rigenerare.

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Grotta del Sapone (zona Barsento)

Queste sono alcune delle grotte presenti all’interno del nostro territorio. Si possono ricordare anche la Grave del Monte, la più profonda tra le grotte nocesi (59 metri). La Grotta del Sapone, un anfratto naturale utilizzato durante la seconda guerra mondiale per la fabbricazione appunto del sapone, e la Grotta della Madonna, entrambe situate nell’area boschiva di fronte alla chiesetta di Barsento sulla provinciale per Fasano, che versano in uno stato di totale abbandono; la Grotta di Monte Mozzone, scoperta agli inizi del ‘900 durante i lavori dell’estrazione dell’alabastro e una grotta preistorica dove sono stati ritrovati alcuni resti di strumenti litici e di frammenti ossei, a testimonianza che la grotta era sicuramente frequentata nella preistoria.

Le nostre grotte, quindi, non solo presentano paesaggi unici e straordinari, ma conservano una storia non indifferente che deve essere conosciuta per non essere dimenticata. Attraverso l’interessamento dei cittadini e della comunità si può riuscire a portare alla luce un patrimonio di inestimabile bellezza, anche di natura archeologica, al pari dei ritrovamenti di Altamura e Ostuni. Se qualcuno volesse contribuire a creare una documentazione sulle grotte o ha altri tipi di informazioni, può contattarci all’indirizzo e-mail redazione@legginoci.it così da costruire un patrimonio da tutelare.

 Foto copertina: Grotta Gemmbella.

Si ringrazia Francesco Recchia per le foto di Grotta Gemmabella.

Aggiornamento: Un’altra cavità che sicuramente merita attenzione è Grave Civitella, sita nell’omonima masseria a 5 chilometri dal paese, sulla provinciale per Martina Franca. Secondo alcuni racconti, la grotta è stata esplorata nel 1965 da due speleologi i quali hanno solo percorso 200 metri senza riuscire a proseguire oltre, impossibilitati dalla presenza di una grande quantità di anidride carbonica dovuta alla putrefazione di carcasse di animali. La grotta, nel corso degli anni, è stata la sede di un vero e proprio outlet, formando un accumulo di immondizia alto tre metri. Un’operazione di bonifica del 15 e del 16 ottobre 2016 da parte del GASP! ha portato alla luce scarpe, vestiti, bottiglie di vetro e boccette di medicinali, sacchi di fertilizzanti, una canna da fucile e delle biciclette. Adesso la grotta è ritornata a respirare e permetterà in futuro, nuove esplorazioni.

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