La magia della festa di San Giovanni (Parte prima)

NOCI – La festa di San Giovanni è l’unica festa di quartiere a sopravvivere ancora a Noci. Nonostante il culto duri un solo giorno ed interessi una piccola parte del paese, il forte legame tra i nocesi e San Giovanni è tale da congiungere tradizioni uniche nel loro genere, difficilmente riprodotte nelle altre feste patronali. San Giovanni unisce fede, storia, magia, cucina, dialetto e soprattutto musica.

Grazie all’aiuto di Mario Gabriele, Pietro Gigante e Giovanni Laera del Centro Studi sui Dialetti Apulo-Baresi e di Vittorino Curci, andremo alla scoperta di una festa che ha molto da raccontarci, tanto da essere divisa in prima e seconda parte. La suddivisione in paragrafi serve a facilitare la lettura, data la grande quantità delle informazioni presenti, permettendo di interrompere il discorso quando si vuole, per poi riprenderlo in seguito.

In questa prima parte, si scopriranno tutte le varie credenze popolari che si svolgevano nella notte della festa del Santo.

UHÉ MAMME U ZITE VÉNE. La notte di San Giovanni rappresentava in tutta Europa, e quindi anche a Noci, una notte magica. Il solstizio d’estate in molte culture antiche (Babilonesi, Greci e Romani) era ritenuto il giorno dello sposalizio tra il Sole e la Luna, il quale richiamava il rito della divinazione, finalizzato a capire con chi le ragazze si sarebbero fidanzate e sposate. Come scrive Alfonso M. di Nola nel libro Lo specchio e l’olio – Le superstizioni degli italiani, «la celebrazione cristiana si innesta sicuramente sulle festività europee che accompagnavano il solstizio d’estate che, secondo gli antichi calcoli, cadeva fra il 19 e il 25 giugno; era il momento della pienezza del sole che inaugurava l’estate, ma riprendeva anche il suo corso discendente verso l’autunno. Nella festa popolare, quale è celebrata oggi, si fondevano varie tradizioni di origine diversa e di epoca antica spesso precristiana. È un giorno denso di presagi, alcuni proprio nella stessa notte. Le fanciulle gettano nelle padelle piombo fuso e dalle forme che esso assume desumono aspetto e qualità de fidanzato».

Nello specifico, a Noci, il rito di divinazione voleva che le ragazze riempissero una bottiglia d’acqua dove poi si versava l’albume di un uovo. Dopodiché, questa era agitata e il tutto era versato in una bacinella che era depositata all’esterno della casa per tutta la notte. La mattina di San Giovanni, a seconda della forma che l’albume assumeva, si poteva dedurre il mestiere del futuro marito. Il rito propiziatorio era conosciuto con il nome a ssòle e seréne, dove seréne, per mutamento fonetico, è da intendersi per il greco classico Selene, ovvero Luna. La frase, quindi, assume il significato di al sole e alla luna, nascondendo la già citata leggenda delle le nozze tra i due elementi. Inoltre, la Luna richiamava un rapporto privilegiato con l’acqua. Perciò, un altro rito conferiva, alla rugiada della notte di San Giovanni, un influsso benefico per la Terra. Così, chi si bagnava rotolandosi nell’erba inumidita della cosiddetta acquagghje, acquisiva un fisico più scattante, più bello e più vigoroso.

Un altro rituale divinatorio riguardava le fave. A mezzanotte se ne prendevano tre. Ad una si toglieva completamente la buccia, ad un’altra solo la metà, mentre la terza doveva averla intatta. Si incartavano, venivano poste sotto il cuscino e la mattina se ne prendeva una a caso. Se si sceglieva la fava con la scorza intera, significava marito ricco, con mezza scorza abbastanza benestante e senza scorza molto povero. Provare per credere.

PANCIA MIA FATTI CAPANNA. Anche l’alimentazione subiva dei cambiamenti a partire dal giorno dedicato a San Giovanni. Da un po’ di anni a questa parte, a conclusione dell’evento Notti di Serenate, ci si raduna in piazza Plebiscito per degustare i felatine o i maccarune a San Gevuannidde, traducibili con spaghetti o maccheroni alla San Giovanniello. Il piatto prevede, nella preparazione, l’utilizzo di pomodori, acciughe e olio, aromatizzato con prezzemolo e capperi. Non a caso, l’utilizzo di questi ingredienti richiama la primizia del pomodoro, il quale, anticamente, in assenza di serre, era raccolto e venduto a partire dal giorno di San Giovanni, e l’acciuga salata la quale, in assenza dei frigoriferi, doveva essere consumata entro l’inizio dell’estate altrimenti sarebbe andata incontro alla putrefazione.

I felatine a San Gevuannidde, il piatto tipico del giorno di San Giovanni
I felatine a San Gevuannidde, il piatto tipico del giorno di San Giovanni

Inoltre, nel giorno di San Giovanni, sono presenti altre tradizioni culinarie, tramandate nel tempo attraverso i proverbi, come «A San Gevuanne lasse u figghje e pigghie a mamme» e «A San Gevuanne a recótte angappe ‘nganne». Andando a parafrasare il primo detto, il riferimento è rivolto alla carne e soprattutto a quella ovina, dove il figlio è riferito all’agnello e la mamma è riferita alla pecora, spiegando il tipo di carne più invitante da mangiare in quel periodo. Con l’inizio della mietitura, effettuata a partire dal giorno di San Vito (15 giugno), come richiama il proverbio «A Sande Vite o gialle o vèrde, mite!», la pecora era messa all’ingrasso. Così, l’animale, mangiando gli steli secchi e senza profumo, non alterava il gusto della sua carne rispetto all’erba fresca, la quale trasformava sensibilmente il suo sapore.

La ricotta presente nel secondo proverbio, invece, si riferisce alla ricotta forte, detta askuande. Con il caldo estivo, infatti, la ricotta forte perdeva la bontà che sprigionava durante l’inverno, perché riscaldava chi la mangiava. Solitamente era spalmata sul pane abbrustolito, accompagnata da una ricca spolverata di pepe o, in altri casi, era consumata insieme ai cavatelli. Il detto, in definitiva, era un invito a non consumarla più.

IL LIQUORE DELLE STREGHE. Infine, alla festa del Santo è legato anche un altro prodotto tipico del nostro paese, ovvero il nocino. Per tradizione la sua preparazione iniziava il giorno di San Giovanni, giorno in cui ricadeva il solstizio d’estate secondo gli antichi calendari. Il 24 giugno, infatti, oltre a rientrare nel periodo in cui si iniziavano a raccogliere le noci, rappresentava, secondo alcune leggende, un giorno magico e soprattutto stregato. Sempre secondo Alfonso M. di Nola «la notte di San Giovanni costituisce un momento rilevante nel calendario magico. In essa le streghe danzano, si ungono e, cavalcando la scopa o il caprone, volano per partecipare al grande sabba (una riunione) celebrato sotto il noce di Benevento o in altri luoghi a ciò deputati».

Uno di questi luoghi si trovava nella vicina Putignano ed è citato nel libro Pregiudizi popolari putignanesi di Antonio Karusio. «Vi era un enorme, ed annoso, albero di noce, il cui tronco misurava due metri di altezza e grosso a tal punto che due uomini appena lo abbracciavano. I suoi rami maggiori erano quattro e si trovavano disposti a croce. Sotto questo immenso albero, chiamato ‘albero delle trenta genti’, si credeva che la notte si raccogliessero le streghe, gli stregoni ed i diavoli per tenere un’assemblea, nella quale danzavano sui rami del noce. Quest’albero fu distrutto in parte da un fulmine e, agli inizi di questo secolo (1800) morì per la sua età decrepita».

Proprio per questo motivo, per proteggersi dall’imponente influsso di forze negative, si preparava una bevanda magica e miracolosa, tanto da essere considerato un ottimo rimedio contro tutti i mali. Tale motivo lega l’inizio della sua preparazione con il giorno in cui si festeggia il Santo. Così, a partire dal 24 giugno il mallo della noce era immerso nello spirito, ovvero l’alcool, e questo lo si lasciava macerare per un periodo di circa quaranta giorni, da San Gevuanne a San Demeneche, cioè il 4 agosto secondo la vecchia ricorrenza.

Il frutto dell’albero della noce. In verde il mallo, utilizzato per la preparazione del nocino
Il frutto dell’albero della noce. In verde il mallo, utilizzato per la preparazione del nocino

LA NOTTE DELLE SERENATE. Istituita per la prima volta nel 1986 ed ideata dall’allora presidente della rinata Pro Loco Vittorino Curci, le serenate sono, forse, la manifestazione più attesa della festa poiché, attraverso la buona musica, hanno da sempre riscaldato i cuori di tutti i nocesi, accompagnandoli fino a notte fonda. Facendo un passo indietro, anticamente, le serenate erano un punto di incontro della popolazione e soprattutto un modo per festeggiare un fidanzamento, un compleanno o un onomastico. Ogni occasione, infatti, era buona per far festa.

Questo presupposto si incrocia con un ricordo di una serata agli inizi degli anni ’80. Era la notte dell’8 settembre, giorno dedicato alla Natività di Maria, quando il gruppo nocese La Frasca, dopo una festa, senza aver voglia di dormire, decise di animare a suon di musica il centro cittadino. Così, Minuccio Silvestri (Chèpedevòzze), Giovanni Martucci (Giuanne Vèrde), Tonino Ricco, Donato Guagnano, Pinuccio Curci (Ménzapizze), Giovannino Miccolis (Cavatidde), Mino Simone e molti altri, presi dall’impeto festaiolo, incominciarono a cantare delle serenate. La gente si affacciava dalla finestra, scendeva in strada, allestiva un banchetto, offriva da bere e festeggiava con i musicisti. Da una gnostra all’altra, tutto il borgo antico era in festa.

Conservando l’esperienza, Vittorino intuì che l’atmosfera delle serenate poteva risvegliare la magia della notte, contribuendo al senso di amicizia con una dichiarazione d’amore per gli altri attraverso la musica. E la scelta non poteva che ricadere nella vigilia di San Giovanni, la notte più suggestiva dell’anno, legata alle credenze e alle tradizioni popolari, una notte di divinazione in cui si interroga il destino attraverso una serie di riti antichissimi. E, soprattutto, inizia l’estate, fa caldo, i balconi sono aperti e la gente stenta ad andare a letto.

Alcuni suonatori della prima edizione di Notti di Serenate, vicino alla vecchia sede della Pro Loco, in via Pozzo Epifani
Alcuni suonatori della prima edizione di Notti di Serenate, vicino alla vecchia sede della Pro Loco, in via Pozzo Epifani

Così, nel 1986, passata la mezzanotte del 23 giugno, un gruppo di musicisti nocesi, in un’atmosfera di intimità, con sorpresa e meraviglia dei cittadini, al chiaro di luna e sotto la fioca luce di un lampione, rompeva il silenzio notturno con i melodiosi suoni di una fisarmonica, una chitarra e un mandolino. La gente, curiosa, si affacciava alla finestra, scendeva nelle strade per cantare e festeggiare allegramente. E dopo aver suonato tre pezzi, tra cui brani strumentali e vocali della tradizione nocese, nonché canzoni tipiche del repertorio italiano, così come tutto nel silenzio era incominciato, nel silenzio tutto finiva. Ci si spostava in altre piazze, in altre gnostre e in altri larghi del centro cittadino, oppure si osava andare al di fuori delle mura, sugli incroci e nelle periferie e, soprattutto, si cantava fino alle prime luci del mattino.

Con il passare delle edizioni, la manifestazione ha subito un cambiamento, diventando un percorso itinerante nel centro storico, incorporando anche le macchiette, stravolgendo, così, il progetto iniziale. Se oggi si volesse recuperare la manifestazione, le serenate si dovrebbero realizzare a sorpresa, senza indicare il giorno in cui si svolgono, all’insaputa dei cittadini, altrimenti si perderebbe quel clima suggestivo e magico. Altrimenti Non si potrebbe parlare di serenate, perché, se centinaia di persone popolano le strade, esse non si rivolgerebbero più a nessuno. Invece, dovrebbero essere i musicanti ad andare ad accogliere la gente, trovandola impreparata e in pigiama, perché doveva essere un omaggio a una persona. Tutto il vociare della gente fa perdere anche quel silenzio della notte in cui nasce il suono. È come se la notte fosse stata già violentata.

Le serenate, quindi, traghettano i cittadini al giorno dei festeggiamenti in onore di San Giovanni. La bassa musica, la cuccagna e i fuochi pirotecnici sono solo alcune delle tradizioni in onore del Santo, di cui vi parleremo nel secondo appuntamento, previsto per domani 24 giugno.

(Si ringrazia la Biblioteca Comunale Mons. Amatulli per aver fornito le fotografie della prima edizione della manifestazione Notti di Serenate).

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