I veri eroi

NOCI – Pur essendo passati 27 anni ricordo bene quel pomeriggio del 23 maggio 1992 quando Angela Buttiglione nell’edizione straordinaria del TG1 annunciava la strage di Capaci. Improvvisamente l’inferno in un caldo sabato di maggio, alle 17:56: un’esplosione squarcia l’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, nei pressi dell’uscita per Capaci: 5 quintali di tritolo distruggono cento metri di asfalto e fanno letteralmente volare le auto blindate.

Mario Forti
Mario Forti

Muore Giovanni Falcone, magistrato simbolo della lotta antimafia e la sua scorta composta da poliziotti di origine pugliese. Ma l’orrore non finisce e 57 giorni dopo, il 19 luglio è la volta di Paolo Borsellino, impegnato con Falcone nella lotta alle cosche: va a trovare la madre in via Mariano D’Amelio, a Palermo. Alle 16:58 un’altra tremenda esplosione: questa volta in piena città. La scena che si presenta ai soccorritori è devastante. La strage di via D’Amelio fu provocata da 100 kg di tritolo nascosti in una Fiat 126, che devastarono quell’angolo di Palermo. Con Paolo Borsellino morirono 5 agenti della sua scorta. Ma chi erano i due magistrati-simbolo che hanno sacrificato la vita al servizio dello Stato? E perché sono stati uccisi in modo così efferato? Le vite di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino risultano intrecciate fin dall’inizio. Entrambi nacquero a Palermo: abitavano a poche decine di metri di distanza l’uno dall’altro e furono amici fin da bambini: stesso liceo, stessa laurea per poi, ritrovarsi, dopo pochi anni, a Palermo come magistrati antimafia. E’ grazie a loro che nasce il “pool antimafia”: una struttura ben organizzata per combattere il fenomeno e che conseguì risultati eccellenti consacrati con le centinaia di condanne inflitte a seguito del “maxiprocesso”, anch’esso una novità.

Poi cominciò il declino perché, come spesso accade in Italia, chi fa il proprio dovere dev’essere contrastato. Falcone diventò la vittima di un sistema che lo emarginava sempre più preferendogli, in posti strategici, elementi senza esperienza e soprattutto di statura professionale e morale dubbia a tal punto che gli stessi Falcone e Borsellino confidenzialmente si chiedevano chi dei due sarebbe morto prima. Poi sappiamo come sono andate le cose. Invito quanti credono seriamente nelle cose che fanno, qualunque esse siano, a farle bene e credere in esse. La vita di questi due “eroi” merita di essere ricordata e celebrata in quanto hanno svegliato coscienze dormienti ed appiattite: per me i veri eroi sono loro che hanno sfidato “il nemico” e nello stesso tempo anche chi si pensasse “amico”.

 

Leave a Reply

Your email address will not be published.