“Fè i virme”: svelata la formula magica per sperare nella guarigione

NOCI – Tutti noi, da bambini, abbiamo sentito dire dai nostri nonni «Stai attento, ancora ti vengono i vermi». E con la nostra fantasia immaginavamo piccoli lombrichi che strisciavano allegramente lungo il nostro intestino. Questo simpatico mondo scompariva, però, quando sopraggiungevano i dolori veri e propri. Ma pronta era la soluzione. Ci si recava alla casa di una guaritrice che con un segretissimo rituale magico, ci massaggiava lo stomaco, cercando di farci passare l’atroce dolore. Con il trascorrere del tempo i vermi hanno sempre caratterizzato l’immagine collettiva di tutti noi, e chi ha la fortuna di non averli mai avuti, ne avrà sicuramente sentito parlare. I vermi, infatti, erano utilizzati per spaventare i bambini come monito a non compiere determinate azioni. Inoltre, intere generazioni da tempo immemorabile si sono sottoposte a questo rito terapeutico, che ancora oggi è praticato. Ma, alla fine, di cosa stiamo parlando? Quanto c’è di vero? È soprattutto, qual è la segretissima formula capace di farci guarire?

Grazie alla disponibilità di Mario Gabriele, presidente del Centro Studi, che di recente ha concluso un’apposita, ampia e articolata ricerca sulla presenza del magico nella medicina popolare, delle sue origini pagane e del successivo incrocio con il cristianesimo, andremo alla scoperta di questa malattia molto diffusa tra i bambini, cercheremo di spiegare qual è il parassita che provoca i dolori e, naturalmente, renderemo noto l’intero rituale magico in grado di scacciare il malanno.

GIÙ LA MASCHERA. Il nostro verme è l’ossiuro (nome scientifico: Enterobius vermicularis), principale responsabile di una parassitosi nota come ossiuriasi. Questi piccoli parassiti si presentano come vermi di forma cilindrica e allungata, di colore biancastro, con la femmina più lunga (7/10 cm) rispetto al maschio. Il contagio avviene per ingestione delle uova del parassita attraverso le mani che hanno toccato, in precedenza, oggetti contaminati, come i giocattoli. L’ossiuriasi dà luogo a prurito, irritazione anale e soprattutto a dolori addominali. È possibile osservare il parassita adulto nelle feci, negli slip e nella zona perianale. L’ossiuriasi è una delle parassitosi più diffusa al mondo, tanto da colpire un miliardo di persone l’anno.

Ossiuri al microscopio
Ossiuri al microscopio

IL VERME BICENTENARIO. Ad oggi, la prima fonte scritta della formula dello scongiuro risale al 1887 e la si ritrova nel libro Pregiudizi popolari putignanesi di Antonio Karusio. Alcuni decenni più tardi, nel 1925, Tommaso Fiore riporta in Arsa Puglia il testo dialettale del rituale barese. Nel 1959, invece, Ernesto De Martino in Sud e Magia segnala quella in uso a Gròttole, in Basilicata. Quest’ultima assomiglia molto ad una di quelle utilizzate dai nocesi per scacciare il parassita. Successivamente ne sono state rese note diverse altre relative a centri pugliesi e lucani.

SIM SALA BIM. Anche a Noci per il rito terapeutico dei vermi, detto fè i virme (altrove tagghjè i virme), si ricorre a gesti e formulari precisi atti a guarire il malato. Innanzitutto l’operatrice, dopo aver bagnato il pollice con l’olio d’oliva, traccia un segno di croce sulla fronte del malato, pronunciando le parole «Padre, Figlio e Spirito Santo». Successivamente, sempre con il pollice e per ogni giorno della Settimana Santa, fa un segno di croce il ventre del paziente e tra sé e sé pronuncia il seguente scongiuro diviso in tre tempi:

  1. «Lunedì ssande, martédì ssande, mércolédì ssande, giovédì ssande, vénérdì ssande, sàbete ssande,

tagghjème i virme a tutte quande. U demèneche jé arrevète, Sande Cóseme e Ssan Damejène ji i tagghje e tu i sène»­.

  1. «Sàbete sande, vénèrdì ssande, giovédì ssande, mercoledì ssande, martedì ssande, lunedì ssande,

u demèneche jé arrevète, Sande Cóseme e San Demejène ji i tagghje e tu i sène. Tàgghjele tu Sande Cóseme mi».

  1. «Lunedì ssande, martedì ssande, mercoledì ssande, giovedì ssande, venerdì ssande, sàbete ssande,

tagghjème i virme a tutte quande.  U demèneche jé arrevète, Sande Cóseme e San Demejène ji i tagghje e tu i sène».

Inoltre, come afferma Mario Gabriele, «ho l’impressione, se non la certezza, che le formule utilizzate a Noci siano diverse. Addirittura, penso che ogni operatrice abbia la sua». Quindi, oltre alla formula già citata, riportiamo un frammento di un altro scongiuro in dialetto nocese: «Lunedì ssande, martédì ssande, mércolédì ssande, giovédì ssande, vénérdì ssande, sàbete ssande tutte i virme levuàtele da nande».

A PASQUA PUOI. Come è possibile notare, per ogni giorni della Settimana Santa l’operatrice fa un segno della croce con il pollice sul ventre del malato mentre pronuncia l’intera formula che va ripetuta per tre volte. Questa breve scongiuro doveva essere rigidamente segreto e veniva trasmessa in un giorno della Settimana Santa o il Primo Gennaio a membri della famiglia oppure a persone di estrema fiducia. Erano esclusi i maschi, perciò la formula veniva ereditata da madre in figlia o da amica ad amica. Come è evidente, la formula richiama l’intera settimana prima della Pasqua, periodo di tempo in cui si rivivono la Passione, la Morte e al Resurrezione di Cristo. Quest’ultima è indicata nel momento in cui si pronuncia la frase «U demèneche jé arrevète». De Martino precisa che la tecnica ascendete discendente della Settimana Santa «è chiara: la parola viene prima distesa sul ventre del bambino e quindi ritirata, operando quindi a guisa di impiastro che si distende sulla parte, ne assorbe e ritira in sé la malignità, e infine si ritira dalla parte malata».

UN SANTO IN PARADISO. Inoltre, in tutte le formule sono invocati anche alcuni Santi. A Noci troviamo San Cosma e Damiano, conosciuti come i Santi Medici per antonomasia, capaci, quindi, di guarire le malattie, mentre è evocata Santa Caterina a Grottole, Sant’Oronzo a Bari, San Martino a Oppido Lucano, San Paolo a Galàtone e così via.

…E LA PILLOLA VA GIÙ. Precisiamo che quanto detto finora potrà lasciare scetticismo in molti e, come afferma un grandissimo astrologo della televisione italiana, «non credete, ma verificate». Se, invece, non volete affidarvi a formule magiche per sperare nella guarigione, sono tanti i medicinali che la scienza ha messo in commercio capaci di affrontare e debellare l’ossiuriasi. Uno tra questi è il Vermox, un farmaco che, attraverso il principio attivo del mebendazolo, riesce a riportare la tranquillità nel nostro intestino.

DIECI, CENTO, MILLE. Ma non è finita qui. Se pensate che i riti magici potessero curare solo i vermi, vi sbagliate di grosso. Per esempio contro il mal di testa causato da affascino la pratica e la formula sono queste: la guaritrice si fa il segno della croce. Poi con il pollice segna per tre volte la fronte del malato mentre recita in silenzio «dó ócchjere t’ònne viste, dó Àngele t’ònne salvète, Gesù crocefisse lìberene da tutte i mèle». Tradotta significa «due occhi ti hanno guardato, due Angeli ti hanno salvato, Gesù crocifisso liberaci da tutti i mali». Inoltre, in passato, pensava che i rituali magici potessero guarire le malattie più disparate. La tosse convulsiva nei bambini si curava attraverso l’inspirazione del fumo di carbon fossile, per cicatrizzare piccole ferite si utilizzava la ragnatela dopo averle disinfettate con l’urina, per l’orzaiolo bastava strofinare l’occhio con la pelle di una talpa, per far passare le verruche bisognava gettare chicchi d’orzo in un pozzo e se volevi guarire dall’ernia infantile, dovevi appellarti alla Madonna della Croce e al suo rito terapeutico conosciuto come U vuè da Madónne.

Concludendo, ribadiamo ancora una volta che quanto riportato sopra non è un presidio medico chirurgico, da solo può avere effetti indesiderati anche gravi, leggere attentamente quanto scritto, non somministrare solo ed esclusivamente a scopo curativo, e, naturalmente, se il sintomo persiste consultare il medico.

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