Lezioni di dialettologia: i prestiti francesi, greci e spagnoli nel dialetto nocese

NOCI – L’11 novembre scorso si è concluso il corso di dialettologia organizzato per l’UTEN dal Centro Studi sui Dialetti Apulo-Baresi, all’interno non dell’aula magna dell’istituto “A. Agherbino”, ma nella splendida cornice del Chiostro di San Domenico. La quarta lezione intitolata “I prestiti stranieri nel dialetto di Noci” è stata sviluppata da Giovanni Laera, Giuseppe Chielli e Mario Gabriele, i quali hanno cercato di spiegare ai presenti l’origine di parole straniere e termini che sono ormai entrati a far parte del lessico dialettale nocese, ponendo l’attenzione sulle parole di derivazione francese, greca e spagnola.

In molti potranno immaginare che la maggior parte delle parole dialettali nocesi hanno origine dal francese. «Oggi però voglio sfatare il luogo comune che vede il dialetto nocese derivare dal francese», spiega Giovanni Laera. «La somiglianza tra le due lingue la si ha perché entrambe sono lingue sorelle che derivano dal latino volgare, quello parlato». Giagande, paravise e mangè solo alcuni esempi lampanti di termini simili ai loro corrispettivi derivanti dal francese antico, cioè jaiant, parevis e manger. A questi si aggiunge cére, sempre dal francese antico chier, il cui termine può significare l’aspetto (cià brutta cére) o di fronte (a ccére). La lista delle parole è, però, lunghissima: arpòne è il ragazzo alto e deriva da harpon (da harp, unghia), uagnòne deriva dal francese antico gwagnor e si riferisce all’aiutante del contadino, lannugghie deriva dal francese andouille e indica una salsiccia e anche il sesso maschile, marpiòne è formato dalle parole mords e pion cioè mordi soldatostunuète, dal francese antico estoner (stonato) e ndumme, sciocca, deriva dal suono tumb che ha dato origine al francese tomber (cadere), simile al termine dumm che in tedesco significa appunto sciocco. Inoltre il francese lo si trova in quasi tutti i mestieri (mestire, dal francese mestier e dal latino ministerium, cioè funzione) come vuccire (da boucher, macellaio), così come tutti i mestieri che in dialetto terminano in -ire e italiano -iere tipo giardenire, cavaljire, varvire, carabbenire. Inoltre fòrge, che indica la fucina, deriva dal francese forge (in latino fabrĭca) che ha dato origine al cognome nocese Laforgia, o giacchétte che deriva da jaquette e quindi dal nome francese Jacques, Giacomo. Come è possibile notare, le parole che derivano dal francese sono davvero tante. Quindi, conclude Giovanni Laera, «studiare il dialetto non significa solo ritrovare le nostre radici ma ci aiuta anche a sapere qualcosa di più di quello che siamo noi oggi».

Interessante è stato anche l’intervento di Giuseppe Chielli, il quale, dopo una breve spiegazione dell’influenza greca in Puglia, ha spiegato il rapporto tra l’antica lingua ellenica e il nostro dialetto. Del lungo elenco di parole sono da citare attène, da αττα, usato per indicare affettuosamente il padre, chiattòne, dal latino volgare plattus e dal greco πλατύς (largo), cònele deriva dal greco κoνιλη (maggiorana), petresine deriva dal latino petroselinum e dal greco πετροσελινον, e strìgnele, cioè comportamento, gioco irrefrenabile deriva dal greco στρηνιάω, vale a dire abbandonarsi a eccessi o intemperanze.

Infine, Mario Gabriele si è occupato della ricerca degli ispanismi, cioè l’influenza di termini della lingua spagnola all’interno del nostro dialetto. Purtroppo per mancanza di tempo, non è stato possibile ascoltare l’origine delle parole pettigghje, pèttele, pastiglie e paggliatòne. Solo il termine mbrièle ha goduto di una permanenza più lunga, citato nella poesia scritta dallo stesso Mario Gabriele, dove oltre a specificare l’uso del termine come «piatto posto al centro della tavola da cui tutti attingevano» ha voluto evidenziare la similitudine del termine con le lezioni di dialettologia «perché abbiamo tutti attinto dallo stesso piatto per apprendere qualcosa in più».

Conclude l’evento “La fisarmonica in concerto”, manifestazione organizzata in collaborazione con l’UTEN nell’ambito della XII edizione del Concorso Internazionale di Clarinetto “Saverio Mercadante”. Il concerto ha visto esibirsi il giovane leccese Giovanni Fanizza, vincitore del V Concorso Musicale Internazionale “Erik Satie” 2016 di Lecce, nonché membro del trio di fisarmoniche “Lecce Accordation Project”, gruppo che negli anni ha riscosso enorme successo in numerosi concorsi e concerti. Il prossimo appuntamento musicale è fissato per domenica 20 novembre, alle ore 20.30 all’interno del Chiostro delle Clarisse, con il “Concerto Lirico”, un omaggio a Santa Cecilia.

Giovanni Fanizza
Giovanni Fanizza

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