NOCI – L’Eurostat ha sentenziato: gli italiani sono tra i più mammoni d’Europa. Ebbene sì, staccarsi dalla famiglia di origine in nome dell’indipendenza e dell’autogestione perviene ad argomento dibattuto caldamente nell’attuale periodo storico.
In Italia, il 67,3% di coloro che hanno tra i 18 e i 34 anni vive beatamente sotto il tetto di casa di mamma e papà. Secondo solo alla Slovacchia, il nostro paese sembra staccare di ben 20 punti la media europea pari al 47,9%. C’è di più: l’analisi sociologica dell’Ufficio Statistico dell’Unione Europea ha evidenziato come il fenomeno cresca vistosamente nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni (cioè quando gli studi sarebbero completati e si dovrebbe intraprendere un’attività professionale) e tra i maschi che si contano essere il 73,6% del totale.
Ma quali i motivi del cordone ombelicale che fatica ad essere rescisso?
Probabilmente la difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro assurge a precipuo fattore. Pare ovvio, d’altronde, che la scarsa offerta ventagliata da parte del settore occupazionale ai giovani adulti (pure brillantemente titolati) o la precarietà dell’incarico stesso magari ottenuto, non permettono di spiccare il volo, non permettono di vivere autonomamente, non permettono nemmeno di compare casa. Affitti troppo salati, costi esageratamente alti degli immobili e prezzi paurosamente elevati persino sulle etichette dei prodotti nei supermercati, conducono facilmente a rinunciare a qualsiasi tentativo di emancipazione.
Ma attenzione, ad onor del vero va rammentato che numerosi sono i casi di coloro i quali si dicono professionalmente realizzati e che pure persistono nell’abitare in casa dei propri genitori. La subordinazione, in molte altre situazioni, si fa quindi affettiva.
Alla comprensione di tale evidenza ci viene in soccorso la letteratura psicologica: la relazione di attaccamento tra madre e figlio è quella che decreta le forme della personalità di ciascuno nonché la qualità dei rapporti futuri del nuovo nato. La genitrice, mondo unico e solo del bambino, conosce naturalmente i tempi che dettano il processo di separazione prima e di differenziazione dopo del piccolo, sa quando è il momento di cominciare gradualmente a slegarsi. Mamme invadenti e irregolarmente protettive che non danno vita per incapacità o pigrizia a questo corso ordinario vitale, non consentono alla prole la riuscita positiva dello sviluppo individuale, emettendo la condanna di eterna dipendenza.
Quale che sia la spiegazione cucita su ciascun singolo accidente, appare chiaro che necessità e convenienza si fondono e si confondono non lasciando intravedere quasi mai spiragli di autarchia.