1820 tra macro e micro storia: la Costituzione napoletana e i moti rivoluzionari a Noci

NOCI – 1 ottobre 1820: prima riunione del Parlamento napoletano, il primo ad essere eletto a suffragio universale maschile; 1 ottobre 1820: a Noci si conclude il 19° ciclo di Conversazioni Storiche “Settembre in Santa Chiara”, con una disamina degli eventi che si verificarono 200 anni fa e che costituirono una spinta possente verso l’affermazione della libertà. L’incontro si è svolto presso il Chiostro delle Clarisse, organizzato dal Centro culturale “Giuseppe Albanese”, dal Comune e dalla Biblioteca comunale “Mons. A. Amatulli”, con la collaborazione dalla Sereco di Noci, della Società di storia patria per la Puglia – Sezione sud-est barese di Conversano, del Gruppo Umanesimo della Pietra di Martina Franca, dell’I.I.S. Da Vinci-Agherbino di Noci-Putignano, delle associazioni “Terra Nucum” e Puglia Trek&Food di Noci.

Carmine Pinto
Professore Carmine Pinto

A tracciare una lucida analisi della nascita della Costituzione liberale napoletana, in occasione del suo bicentenario, è il professor Carmine Pinto, docente di Storia dell’Università degli Studi di Salerno, che la presenta come un’opera di negoziazione tra la monarchia borbonica e il coacervo liberale napoletano. Due frange così antitetiche, riuscirono a trovare un punto di raccordo: era il luglio del 1820 e, a seguito di una rivolta militare, il re Ferdinando VII fu “costretto” a concedere, suo malgrado, la carta costituzionale. Di fatto, si osserva in atto un’operazione di mediazione, certo subita dal re, ma pur sempre di mediazione: non vi era stata una detronizzazione né spargimenti di sangue. L’obiettivo, infatti, non era puntare all’eliminazione del sovrano, ma favorire un trasferimento del potere da Dio in terra, dal singolo alla molteplicità. Sullo sfondo di una rivoluzione globale, quello di Napoli poteva dirsi uno straordinario successo, con un trionfo del liberalismo. Se non fosse che la storia procede ed il re, con l’inganno, riuscì ad ottenere il consenso per recarsi alla Santa Alleanza di Lubiana, dove tradì la parola data, chiedendo agli alleati un intervento armato per ristabilire nel regno il suo potere assoluto. Si mostra in atto – chiarisce il professor Pinto – la totale incompatibilità delle ragioni monarchiche con le spinte liberali, che intendevano realizzare un progetto alternativo al borbonismo politico di uno stato paternalista e religioso, riconoscendo il valore dell’indipendenza e della libertà.

Ed i principi di indipendenza e libertà arrivarono anche qui da noi. Dalla macro alla micro storia, l’avvocato Antonello Roberto, appassionato di storia locale, guida i presenti in una Noci di duecento anni fa. Dai moti rivoluzionari del 1799 con la guerra interna tra due grandi famiglie del luogo, i Palazzi e gli Albanese, si passa alla presenza dei francesi sul nostro territorio, i quali inaugurarono una serie di innovativi interventi. Come magistralmente sintetizzato da Croce: con i francesi al Sud Italia finisce il Medioevo. A Noci, infatti, ad esempio, l’attuale facciata della Chiesa Madre iniziò ad essere ripensata proprio in questi anni ed anche il cimitero, così come oggi strutturato, prese avvio da una legge napoleonica che prevedeva per la sepoltura un’ubicazione esterna rispetto alle chiese. E poi ancora l’istituzione della scuola pubblica ed anche la definizione di un progetto, poi non attuatosi, di realizzare un’università nella nostra cittadina. Una serie di operazioni che forniscono un’immagine di quella che poteva essere la Noci di quegli anni, anni in cui, si ricordi ancora, 3 nostri concittadini fecero parte della guardia d’onore di Napoleone. Dopo la caduta di Bonaparte, tuttavia, si procedette nel 1815 con la restaurazione degli antichi stati, mentre un po’ ovunque nascevano società segrete rivoluzionarie. A Noci dall’unione dei “Patrioti Europei” e dei “Greci in Solitudine” si generò “Neottolemo”, che contava ben 78 iscritti con Gran maestro Francesco Paolo Brisacani; primo assistente Michele Mandoy; secondo assistente Vito Gabrieli; tesoriere Vito Cesare Sansonetti; guarda bolli e sigilli Mario Palazzo e covritore Cesareo Morea.

Come precedentemente esaminato, nel 1820 venne approvata la Costituzione, accolta con estremo entusiasmo, tanto che, spiega Roberto, se avessimo a portata di mano i registri della Chiesa Madre potremmo vedere come in quei giorni vennero celebrate numerose messe pro rege, per ringraziare il re della carta costituzionale concessa. Ma, come detto, in virtù del successivo tradimento del re, in ogni cittadina nacquero piccoli eserciti. Quello nocese era formato da 48 soldati, che insieme a Turi era il più alto numero di volontari. La loro determinazione, tuttavia, non poté resistere all’attrezzato esercito austriaco. È una rivoluzione dimenticata dalla storiografia – conclude Roberto – ma è il primo germe dell’Unità di Italia, in quanto iniziavano ad essere percepiti i valori della libertà, dell’autonomia, del diritto di voto, che si stavano imponendo ovunque con forza, tanto da arrivare, con così tanta prorompente energia, anche in un piccolo centro come Noci.

Appuntamento con le conversazioni storiche del “Settembre in Santa Chiara” al prossimo anno.

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