L’UTEN alla scoperta di Barsento

NOCI – Dopo i recenti lavori di restauro e gli scavi archeologici che hanno interessato il sito di Barsento nuove informazioni sono venute alla luce, andando ad aggiungersi alle poche e frammentate notizie riguardanti la storia di uno dei luoghi più affascinanti del nostro territorio. Il monumento, valorizzato dall’estate scorsa da un’illuminazione architetturale che ne esalta i caratteristici volumi curata dall’architetto nocese Piernicola Intini, è negli ultimi tempi oggetto di numerose visite e rinnovato interesse. Alcune delle novità furono presentate in occasione della conferenza organizzata dal senatore Piero Liuzzi il 21 luglio 2017 a cura dell’architetto Emilia Pellegrino (architettonica) e delle dottoresse Miranda Carrieri (archeologica) e Filomena Barbone (artistica). Venerdì 29 settembre alcuni iscritti all’Università della Terza Età di Noci, nell’ambito delle sue attività per il nuovo anno accademico 2017-2018, sono stati accompagnati in una visita guidata alla chiesa di Barsento dall’architetto Piero Intini, il quale ha spiegato agli astanti alcune delle ipotesi sulla genesi del manufatto architettonico.

Secondo i glottologi, Barsento è nome di derivazione messapica, composto da barza (alto) ed entum (che è) formando, letteralmente, la frase luogo che si trova in alto. Situato a oltre quattrocento metri di altitudine sul promontorio che si affaccia sul cosiddetto Canale di Pirro, il complesso ricade da secoli nel territorio del Comune di Noci (che detiene la proprietà della chiesa); in antichità il sito era attestato come appartenente all’abazia benedettina di Banzi (Potenza) e, successivamente, al territorio di Monopoli.

Purtroppo, ad oggi, «studi esaustivi sulla chiesa non c’è ne sono e quindi non è possibile definire una datazione precisa». Perciò, in base a chi effettua gli studi, se è un architetto o uno storico dell’arte, sono tante le possibili date a seconda degli elementi esaminati. In base agli scavi archeologici effettuati possiamo dire però che «la frequentazione del sito (ovvero della zona e non della sola chiesa) di Barsento è antichissima e risale presumibilmente all’età del bronzo. Lo dimostrerebbero alcuni frammenti di cocci e vasellame ritrovati durante alcune ricognizioni effettuate nei decenni scorsi. Non sappiamo, invece, se quest’area sia stata sempre frequentata in continuo. Secondo alcune ipotesi la parte più interessante sarebbe quella situata nell’attuale oasi naturalistica di Barsento, a Sud della chiesa. Altri dati e documenti, invece, dimostrerebbero che la chiesa risultava già presente e funzionante in pieno medioevo tra i secoli XIII e XIV».

L'affresco rinvenuto nell'abside destro. È possibile notare il Cristo Pantocratore al centro, la Madonna a sinistra e San Giovanni Battista a destra, riconoscibili anche grazie alle lettere greche che li rappresentano
L’affresco rinvenuto nell’abside destro. È possibile notare il Cristo Pantocratore al centro, la Madonna a sinistra e San Giovanni Battista a destra, riconoscibili anche grazie alle lettere greche che li rappresentano

La storiografia settecentesca e ottocentesca racconta che la chiesa, intitolata a Santa Maria di Barsento, è stata fatta costruire dai genitori di papa Gregorio Magno per i monaci di Sant’Equizio nel 591. Oggi non abbiamo documenti che attestano questa fondazione, anzi, questa versione dei fatti appare piuttosto un’invenzione storica. «Architettonicamente parlando, invece, si ipotizza che la chiesa attuale sia stata edificata intorno all’anno mille forse durante la cosiddetta seconda dominazione bizantina e con molta probabilità era biabsidata (ovvero formata da due navate con terminazioni semicircolari). Vi sono esempi di chiese absidate tra le chiese rupestri di Puglia, ma anche in altre regioni del bacino mediterraneo. Nel caso di Barsento una delle zone più antiche è rappresentata dall’abside meridionale e da quello centrale. Un’altra ipotesi, invece, vede la parte antica ritrovarsi esclusivamente nella sola parte destra della chiesa». Proprio lì, infatti, si trova una deesis, ovvero «un tema iconografico cristiano di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso» in cui compaiono il Cristo Pantocratore al centro, la Madonna a sinistra (di cui oggi è presente solo l’aureola) e San Giovanni Battista a destra, «rappresentanti, nell’ideologia bizantina coloro che pregano e presentano le anime dei defunti a Dio». L’affresco lo si può datare, forse, al primo periodo di costruzione della chiesa e la finestrella riaperta durate i lavori di restauro, ricorda, nella forma, alcune aperture presenti in chiese medievali riscontrabili nella grecìa salentina. Inoltre, nascoste nella parete destra dell’abside, sono presenti ulteriori affreschi che riportano graffiti devozionali datati al Seicento.

Quadro-Barsento
Il dipinto posto dietro l’altare raffigurante la Madonna con il Bambino al centro, San Pietro a sinistra e un santo con il copricapo papale a destra, racchiuso in una corice barocca con alla sommità il Padreterno

 Nella navata centrale, sull’altare maggiore, è presente un dipinto databile tra il XVII e il XVIII secolo raffigurante San Pietro a sinistra (riconoscibile dalle classiche chiavi), un santo con il copricapo papale a destra (forse papa Gregorio Magno) e al centro la Madonna con il Bambino. Il tutto è racchiuso in una cornice barocca con il Padreterno posto sulla sommità. Dietro la macchina d’altare, si nasconde un altro affresco, raffigurante lo stesso tema presente nell’abside destro ma di fattura più recente forse ascrivibile a un periodo compreso tra il XIV e il XV secolo. Sopra di esso, prima del restauro, era presente un altro affresco molto più recente raffigurante un cristogramma con il sole e la luna umanizzati circondati da stelle e arabeschi, che è stato “strappato” e ricomposto per liberare quello più antico e che sarà in futuro nuovamente esposto. Molto probabilmente, oltre ai due affreschi già citati, ne è presente un altro ancora più antico.

Il nuovo affresco dietro la macchina d’altare, in cui si notano il corpo della Madonna a sinistra, il braccio di San Giovanni a destra e la mano e il corpo di Gesù al centro.
Il nuovo affresco dietro la macchina d’altare, in cui si notano il corpo della Madonna a sinistra, il braccio di San Giovanni a destra e la mano e il corpo di Gesù al centro.

L’abside sinistro, dedicato a San Michele, invece, presenta uno fenomeno di archeoastronomia, scoperto e osservato a partire dal 2008 dallo stesso Piero Intini. Il 29 settembre di ogni anno, intorno alle ore 17:30, un raggio di sole, entrando dalla finestrella sbilenca della navata sinistra, illumina esattamente il centro dell’abside posto dietro l’altare. Anticamente, lì era inserito un quadro raffigurante San Michele, in seguito rubato e oggi non più presente come il quadro che ornava l’altro altare dedicato alla Madonna degli Angeli e anch’esso trafugato negli anni ‘90 del secolo scorso. Purtroppo quest’anno il cielo abbondantemente nuvoloso non ha fatto verificare il particolare fenomeno, il quale è stato lievemente accennato con la poca luce che filtrava dalla piccola finestra. Comunque, il fenomeno gnomico, che trova riscontri simili in altre chiese d’Europa, serviva a ricordare il giorno dedicato al Santo, ricorrenza in cui a volte si soleva iniziare e finire gli affitti dei campi coltivati o la raccolta delle ghiande e segnare altre periodicità agricole. Le varie finestre delle chiese, in alcuni casi, rappresentavano un vero e proprio orologio solare, che grazie all’allineamento Est-Ovest, permettevano lo scandire del tempo e con esso le varie festività, anche per le popolazioni prive di… calendari.

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Il fenomeno solare in una foto scattata da Piero Intini il 29 settembre 2009. La luce visibile sul muro non è dell’attuale finestra (riaperta durante i recenti di restauro), ma proviene dalla finestrella sbilenca posta dall’altra parte (a sinistra nell’immagine)

Le volte della chiesa, così come le vediamo oggi, sono state erette nel ‘700 e i tetti ristrutturati nel 1887, come riporta un’iscrizione posta in alto, al centro della struttura. La pavimentazione, invece, forse è ottocentesca, realizzata con le tipiche chianche, sotto la quale se ne nasconde un’altra più antica a lastrine e, probabilmente, una terza e più antica pavimentazione. Purtroppo, con gli scavi attuali, della terza si può solo ipotizzare. Sotto il pavimento sono stati ritrovati numerosi scheletri; le ossa rinvenute sono oggetto di studio presso il dipartimento di antropologia dell’Università di Bari. Altri ritrovamenti ossei sono stati rinvenuti nella zona retrostante la chiesa che probabilmente fungeva da cimitero.

Parte-posteriore-Barsento
L’aia sul retro della Chiesa di Barsento dove sono stati ritrovati atri frammenti ossei

«È auspicabile – ha concluso l’architetto – che in futuro un’azione sinergica dei Comuni della zona porti ad un’attenzione sempre maggiore nei confronti di questo luogo: Noci, Alberobello, Putignano, Castellana non hanno un sito archeologico. La squadra e il progetto sono pronti! Vi sono tecnici, studiosi e archeologi appassionati e competenti di indubbio valore preparati ad occuparsi ancora una volta di questo posto straordinario. Se ne fa un gran parlare da trent’anni. Comprendo che le casse comunali sono sempre più vuote e le risorse sempre più risicate, ma si potrebbero recepire piccoli stanziamenti annuali di fondi da parte dei comuni interessati per proseguire gli scavi e trasformare Barsento in un interessantissimo parco archeologico. Le sorprese potrebbero essere dietro l’angolo! Le Amministrazioni Comunali della zona, sempre asfittiche, dovrebbero comprendere che siamo molto in ritardo rispetto ad altri contesti. Stanziare 4.000-5.000 euro per anno e per Comune risulterebbe un investimento che, alla lunga, darebbe ottimi frutti in termini occupazionali, di immagine e attrazione turistica. Si sprecano tanti soldi per eventi che nulla hanno di culturale… e che sono fini a sé stessi e non producono alcun ritorno. È evidente che Noci dovrebbe diventare il Comune capofila. La gente è a caccia di luoghi come questo! Inserire il parco archeologico di Barsento in un percorso virtuoso che leghi il nostro sito a quelli ben più celebri di Egnatia e Monte Sannace risulterebbe la carta vincente per i flussi turistici dei prossimi decenni».

In conclusione, nuovi fondi e nuovi scavi archeologici potrebbero in futuro aggiungere ulteriori tasselli mancati alla millenaria storia del sito di Barsento che, sfruttati nella maniera adeguata, rappresenterebbero, turisticamente, il fiore all’occhiello per il nostro paese e dei comuni limitrofi.

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