La rivolta dei teppisti

NOCI – Riceviamo e pubblichiamo contributo letterario da parte del dott. Piergiuseppe Gabriele:

In questi giorni assistiamo ad una folle degenerazione delle proteste scatenate dalla barbara morte dell’afroamericano George Floyd. E’ incredibile la violenza che si sta consumando nelle strade di molte città statunitensi ed europee semplicemente per rivendicare diritti, equità, rispetto e solidarietà.

Proprio queste parole, rivendicate con forza e veemenza simili ai cori da stadio, assumono sempre più il significato e il valore opposto che esprimono. Rivendicare dei diritti ora significa odio, proprio lo stesso odio che i manifestanti denunciano e rigettano. Adesso equità sta per vendetta, rispetto, per abbattimento (inspiegabile) dei pubblici monumenti.

Questi episodi dimostrano, a partire dalla morte del povero Floyd, che l’occidente ha perso i suoi valori di unità, fratellanza, giustizia, e non meno, amor di patria. Proprio la perdita di questo patrimonio sta portando ad una dimostrazione eccessiva della forza esercitata dallo stato contro manifestanti non pacifici che sovvertono le istituzioni  con l’intento di instaurare una qualche realtà anarchica capace di punire e vendicare disuguaglianze divenute sempre più incolmabili in società ultra-progressiste come le nostre a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo. Il complesso problema, in realtà, sta nell’uso eccessivo della violenza da parte dei corpi di polizia i quali abusano della stessa legge senza fare alcuna differenza tra neri e bianchi.

Proprio questo scontro culturale tra società sempre più avanzate e poteri incapaci di aver tentato di modificare le disuguaglianze sono la causa di questa ribellione così acuta. Il tema del razzismo, per giungere al cuore del discorso, è invece un aspetto collaterale che coincide con una società come quella americana che avrebbe prima o poi pagato il conto della tratta degli schiavi neri fatta sin da inizio settecento.

Il marcio, pertanto, è alla base della mera contemporaneità e affonda le radici nei secoli dello sviluppo e delle grandi scoperte celebrate da tutto l’occidente che hanno portato a creare classi e strati della società inferiori rispetto a chi deteneva un potere maggiore in tutte le sue sfaccettature. Colpisce fortemente anche la terribile immagine dell’anziano non afroamericano scaraventato a terra dalla polizia durante una manifestazione. Questa è la dimostrazione non del razzismo, che in America non è una novità, bensì di una situazione implosiva ormai irrecuperabile che in quei territori è destinata a dare sempre i suoi esiti nefasti.

E’ scorretto, quindi, attribuire responsabilità a un capo di stato ea una amministrazione per un problema antico quanto gli Stati Uniti, perché serve un’azione di ricompattazione della società che scavalchi le ideologie di partito. Spostando ora l’attenzione dal problema razziale alle proteste dei teppisti è evidente che tra i manifestanti per la tutela dei neri e altre minoranze vi siano frange estremiste di facinorosi che non aspettavano altro che seminare panico nelle strade, infrangere vetrine e praticare saccheggi, rendendo tutta la questione una lotta al potere contro un presidente ignorante, repubblicano e spesso cafone.

In questo momento però ci rendiamo conto che le proteste stanno prendendo una piega troppo eversiva, tanto che i teppisti, fregiandosi del titolo di giustizieri della storia, si sono erogati l’incarico di abbattere tutte le statue di personaggi illustri che hanno segnato la nostra civiltà nel bene e nel male.  Sappiamo con certezza che essendo tutti noi uomini privi di completa perfezione come facciamo a stabilire chi meriterebbe (tranne i protagonisti dei regimi totalitari) o meno un monumento? Non è forse meglio che i monumenti continuino ad avere il loro ruolo docente inerente alla storia? Del resto è così che noi studiamo i meriti e gli errori del passato, proprio per conoscere, giudicare, emulare o non permettere che determinati eventi si ripresentino.

Le società dittatoriali nascono proprio dall’abbattimento della memoria storica e si impongono di cancellare ogni prova che consenta all’uomo di pensare. L’aspetto singolare e contraddittorio della questione è che proprio questi giustizieri che tanto denunciano fascismi e razzismi sono i primi a fomentarli con siffatte azioni.

Giorni fa, mentre leggevo un libro sulla Repubblica romana del 1849, c’è stato un passo che mi ha sorpreso positivamente: i francesi avevano deciso di assediare Roma, e Mazzini, allora triumviro, aveva inviato al generale Oudinot un messaggio particolare che oggi ci suggerirebbe molto: <<Un tal sistema d’attacco mette in pericolo le vite e le proprietà dei cittadini neutrali e pacifici, si prega il generale di desistere da un ulteriore bombardamento per risparmiare la distruzione alla città dei monumenti, la quale è considerata come sotto la protezione morale di tutti i paesi civili del mondo>>.

Dinanzi a tutto ciò possiamo esprimere la più alta moralità schierandoci contro queste derive e magari temendo un po’ di più come diceva Pasolini il fascismo degli antifascisti.

 

Piergiuseppe Gabriele

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