I giochi della tradizione, imparare la storia socializzando

NOCI – Imparare la storia del proprio paese attraverso il gioco. Ci hanno provato gli alunni delle classi quarte, sezioni A e B, del plesso “Cappuccini” afferente al 1° Circolo Didattico. I giochi nella tradizione, segna la tappa conclusiva del più ampio percorso sulle tradizioni di Noci, che ha portato gli alunni coordinati dalle insegnanti Angela Scialpi e Domenica Palattella ad analizzare e conoscere aspetti sociali e culturali che hanno caratterizzato la cittadina murgiana durante il Novecento.

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Con l’ausilio della 67enne Ada Lasaracina, per tutti “Nonna Ada”, gli alunni hanno potuto apprezzare i giochi che gli allora bambini della stessa età svolgevano tra i vicoli del borgo antico negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. A chianghele, il gioco della campana, la fune, u cuccuruzzele (trottola con filo), il ponte (gioco con la palla), sono solo alcuni degli “esperimenti didattici” affrontati dai bambini sapientemente introdotti dalla signora Lasaracina che non ha lesinato di spiegare, con dovizia di particolari e aneddoti personali, i giochi che si stavano organizzando. La signora per l’occasione ha omaggiato l’istituto con una rielaborazione dell’effige della Madonna della Croce. L’omaggio non è stato casuale. Durante la giornata si è voluta rievocare la giornata dedicata alla Madonna all’interno del mese di maggio con cotanto di processione all’interno dei corridoi e del cortile dell’istituto. Poi via ai giochi, proprio come i bambini degli anni ’50 e ’60.

Le finalità dell’attività conclusiva del progetto sono affidate al dirigente scolastico Giuseppe D’Elia: «Questi bambini giocano molto ma hanno perso il senso della socialità perché i giochi attuali sono molto individuali quindi sono sostanzialmente soli e fragili. Il diffondersi dei giochi elettronici abbinati ai pericoli della strada e alle problematiche genitoriali legate all’attività lavorativa, fa si che il senso della competizione sana in questi bambini si stia perdendo. La scuola può fare molto attraverso il proprio tempo e i propri spazi per recuperare questa dimensione sociale di crescita collettiva».

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