Il razzismo negli USA e il sogno irrealizzato di Luther King

NOCI – Correva l’anno 1963 quando Martin Luther King al Lincoln Memorial pronunciava tutta la sua speranza in quel “I have a dream”. Un sogno colmo di fiducia, di attesa, ma anche di effimere illusioni.  I suoi quattro figli infatti non saranno mai giudicati per il loro carattere bensì per il colore della pelle, l’auspicata sinfonia di fratellanza non sarà mai udita e la vera libertà non sarà raggiunta.

Sì perché in oltre cinquant’anni pare non essere cambiato nulla. La questione razziale continua imperterrita a governare menti e governi fruttando discriminazioni esacerbate che conducono troppo spesso perfino alla morte. Il bianco e il nero trovano difficile la convivenza nonostante lo yin e lo yang ci insegnino il contrario.

Le disuguaglianze economiche fortemente palesi negli USA e i comportamenti razzisti della sua polizia ci costringono, controvoglia, a puntare l’attenzione su di una nazione che balza agli onori della cronaca con una frequenza che non ci si aspetta e a causa di fatti che, nel 2016, dovrebbero dirsi superati.

Dall’inizio dell’anno sono morte 566 persone per mano dei pubblici agenti, di cui la maggior parte degli uccisi appartengono alla comunità nera.

L’arresto prima e la morte dopo di Freddie Gray a Baltimora, il decesso per soffocamento di Eric Garner a Staten Island e l’omicidio di Michael Brown a Ferguson rappresentano tre esagerati ed eclatanti avvenimenti su cui riflettere.

E il presidente Barack Obama lo sa bene. Non si tratta di episodi isolati bensì di una realtà reiterata per cui “tutti noi dovremmo essere sconvolti”.

Sarà che la tematica razziale si sia incrementata proprio in corrispondenza di un leader di colore, sarà che manchino misure punitive contro le forze dell’ordine responsabili dei misfatti o sarà che la potenza dei pregiudizi non potrà mai essere sradicata, fatto sta che il sogno di Luther King non si realizza ancora.

Al contrario, piuttosto pare un incubo.

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