Gli studenti non sanno l’italiano: i docenti si rivolgono ai politici

NOCI – Facciamo un gioco: aprite la home page di Facebook e leggete il testo delle prime cinque pubblicazioni dei vostri amici. Bene, adesso accedete al vostro Whatsapp e visionate random un paio di conversazioni. Risultato? Una realtà agghiacciante che rende impercettibile il confine tra un film horror ed uno di fantascienza.

Basta un attimo infatti per scorgere un’ignoranza galoppante madre di errori nella scrittura da terza elementare che farebbero raddrizzare i peli del braccio anche ad un individuo glabro. È la notizia più spaventosa degli ultimi giorni: 600 docenti universitari hanno sottoscritto un appello al governo e al Parlamento al fine di attuare un piano di emergenza volto a rilanciare lo studio della lingua italiana nelle scuole elementari e medie. L’imperativo è ripartire dalle fondamenta insistendo su dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano.

L’appello è stato lanciato da accademici della Crusca, rettori, pedagogisti, storici, filosofi, sociologi, scrittori, insegnanti e neuropsichiatri che, alle prese con la correzione delle tesi di laurea, gli pareva di aver davanti un tema prodotto da bambini di otto anni. Ma il problema è più grave di quanto si pensi: il parlare e lo scrivere male traducono una lapalissiana incapacitá di ragionamento e una sintassi sbagliata sottende un pensiero non strutturato.

Non sapersi esprimere correttamente vuol dire non saper dare forma ai contenuti mentali contribuendo, in tal modo, al dilagare di un linguaggio sciatto, povero e sempre più dialettale. È il dipinto di una nazione quasi analfabeta nonchè il ritratto di un popolo privo delle basi essenziali. E già che siamo in tema, vi svelo un segreto: quando si tratta di avverbio si scrive “a volte”.

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