“Il guaio” della Madonna (della Croce): il rito di guarigione dell’ernia infantile

NOCI – La Madonna della Croce è una festa da sempre molto attesa per la comunità nocese, la quale effige è venerata per tutto il mese di maggio, mese dedicato proprio alla Madonna. Oltre al forte legame tra i nocesi e la sua venerazione, alla Madonna della Croce era collegato anche un antico rito terapeutico di guarigione dell’ernia infantile denominato guè da Madonne, ovvero il guaio, o secondo alcuni la grazia della Madonna. Proprio il 3 maggio, giorno dedicato all’Invenzione della Croce, nel boschetto adiacente al santuario campestre, si effettuava un rito di passaggio nei molteplici alberi di quercia, piante molto diffuse in tutta la regione. Nonostante la terapia sia caduta in disuso da parecchi anni, sono tanti i misteri che la avvolgono e tante sono le curiosità ad essa legate.

Operazione del taglio longitudinale di un ramo giovane di una delle dodici querce nel recinto al lato del santuario. Ore 7 del 3 maggio 1981.
Operazione del taglio longitudinale di un ramo giovane di una delle dodici querce nel recinto al lato del santuario. Ore 7 del 3 maggio 1981.

IL RITO. Prima del trattamento i bambini erano presentati, la mattina del 3 maggio, sull’altare all’interno della chiesa. Dopodiché, soprattutto le madri, li portavano nel boschetto vicino al santuario dove si svolgeva il trattamento. Alla pratica partecipavano due compari e, talvolta, alcuni esperti. Mentre le campane segnalavano il Sanctus e avveniva l’Elevazione dell’ostia nella messa mattutina, era scelto un alto e sottile ramo di quercia, denominato ramo gentile, su cui veniva effettuato un taglio in senso longitudinale. I due compari, dopo averlo divaricato, vi facevano passare orizzontalmente il bambino, prima con la testa, poi con i piedi, scambiandoselo per tre volte ad ognuno dei tre rintocchi delle campane, mentre venivano pronunciate strane formule. Il compare che riceveva per ultimo il bambino diventava a tutti gli effetti il suo padrino e, dopo averlo baciato in fronte, lo riconsegnava alla madre. Infine, il ramo veniva ricongiunto e legato con uno spago, nastro o carta resistente attraverso la tecnica dell’innesto e veniva fissata una targa con i nominativi del bambino ernioso. Le sue sorti, erano, dunque, strettamente legate alla guarigione del ramoscello. Se dopo un anno il ramo fosse ritornato a germogliare, allora il bambino poteva essere dato per guarito. Se, invece, il ramo seccava, le sorti del bambino erano segnate e quindi l’ernia non sarebbe guarita e, in tempi più recenti, si interveniva chirurgicamente.

La “passata” di un bambino
La “passata” di un bambino

TRA SACRO E PROFANO. Il rito terapeutico ha sicuramente origini molto antiche, ma non databili. Nel nostro comune è accertato sicuramente nel Novecento, negli anni quaranta dallo storico martinese Michelangelo Semeraro, ripreso negli anni ottanta dall’antropologo napoletano Alfonso Maria Di Nola, e più volte accennato nell’Ottocento, come riportato dallo storico locale Pietro Gioia (1842) e dal putignanese Antonio Karusio (1887). Purtroppo non ci sono altri documenti che attestano questo rito, però se prendiamo in considerazione gli studi condotti dal già citato Di Nola nel suo libro L’arco di rovo, «la pratica è certamente precristiana e appartiene al mondo greco-romano che accoglie larghe influenze della medicina greca. Nelle culture antiche si interseca con elementi magici, principalmente orali. Nel Medioevo cristiano si configura una netta resistenza della Chiesa che porta ad esplicite sanzioni di tipo penitenziale. Era, quindi, considerata un residuo delle religioni tardo-antiche, come culto delle forze demoniache. Superato il periodo delle condanne e quando la stessa Chiesa non ha più ragioni di temere le residualità pagane, la pratica si cristianizza, coinvolgendo alcune figure di santità e soprattutto dei significati connessi ad alcune festività del calendario liturgico».

Legatura del ramo “passato”
Legatura del ramo “passato”

L’ALBERO DELLA VITA. Inoltre, da sempre è esistito un profondo legame tra gli alberi e la vita dell’uomo. Come scrive Michele Aleffi nel numero 7 della collana Riflessioni – Umanesimo della Pietra «in ogni religione o cultura, troviamo alberi sacri, quando l’albero stesso non veniva considerato addirittura diretta manifestazione di Dio. Ancor oggi nelle usanze e nelle tradizioni di tutti i popoli, l’albero ha spesso un ruolo determinante, basta solo pensare all’universale albero di Natale. Miti e leggende hanno sempre come teatro principale il bosco e spesso protagonisti gli stessi alberi. Alcuni dei quali assumono anche significati simbolici». Infatti, proprio per questo rito di passaggio, oltre alla già citata quercia, si utilizzavano piante di olmo, fico e noce. Come accennato prima, la sorte del bambino era sempre intrecciata con l’albero. Sempre secondo Aleffi «se il ramo è secco, si ritiene che la Vergine abbia operato il miracolo, guarendo il piccolo ammalato trasferendone il male all’albero. In caso contrario, il rito si ripete». Oppure, secondo altre credenze, la pratica nasce dal magico potere del ramo di traferire la propria forza al bambino, nel caso in cui questo rigermogliava. Se, invece, seccava, questo debole potere non permetteva all’ernia di guarire. E tale passaggio era praticato soprattutto sui bambini erniosi, legato molto probabilmente alla virilità dell’uomo e, quindi, alla sua futura vita sessuale.

Ex voto presenti nel Santuario della Madonna della Croce per la guarigione dell’ernia
Ex voto presenti nel Santuario della Madonna della Croce per la guarigione dell’ernia

TANTI RITI, TANTI SANTI. Questo rito di passaggio per la guarigione di una determinata malattia non era praticato soltanto a Noci. Sicuramente la Madonna della Croce era la curatrice più conosciuta dell’ernia infantile, con pellegrinaggi da ogni parte della Puglia. Non tutti sono a conoscenza, invece, che il rito, con alcune notevoli varianti, aveva luogo a Noci anche nel giorno dell’Annunciazione, ovvero il 25 marzo, secondo alcuni inediti rilievi sul campo effettuati da E. Spera nel 1981-82. Sempre nello stesso giorno, il rito era effettuato anche a Rutigliano, Turi, Calendano (frazione di Ruvo di Puglia), Gioia del Colle, Noicattaro, Valenzano e altre località della provincia di Bari, e a Cerignola nella provincia di Foggia. Inoltre, questo rito, ha una straordinaria diffusione in tutta Italia, praticato in Piemonte, Toscana, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Campania, nonché in Europa, come Germania, Spagna, Portogallo, Scandinavia e Inghilterra. Per questi paesi, però, la pratica di guarigione non avveniva il 3 maggio, ma variava a seconda delle festività. A San Giovanni, nel giorno dell’Annunciazione, il Lunedì dell’Angelo e il Sabato Santo solo per citarne alcune o addirittura all’alba, in autunno o al primo quarto di luna. A variare era anche il tipo di malattia curata. Infatti, questo rito terapeutico del passaggio era in grado di guarire balbuzie, malattie al fegato, sterilità femminile, malformazioni ossee, epilessia e molto altro ancora.

Questa è la dimostrazione di come un rito terapeutico, per quanto magico possa essere, abbia portato il nostro piccolo paese e la venerazione della nostra Madonna della Croce al centro delle cronache pugliesi e non solo. Sono tanti, infatti, i documenti, i giornali e i libri che parlano di questa antica pratica. Nonostante la medicina abbia fatto passi da gigante permettendo, attraverso una piccola operazione, di guarire in pochi giorni dall’ernia senza aspettare un anno di speranze e preghiere, resta comunque alto il dovere di ricordare un legame così forte alle immagini sacre e agli alberi, veri portatori di vita.

 

(Le fotografie sono estrapolate dai testi L’arco di rovo – Impotenza e aggressività in due rituali del sud di Alfonso Maria di Nola e S. Maria della Croce in Noci – Storia, Culto, Arte e Tradizioni del 5° Centenario 1483 – 1983. In prima, la copertina di quest’ultima opera)

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