“Ghetto Italia”, un’inchiesta sulle inumane storie dei braccianti agricoli stranieri

NOCI – Lo scorso 14 dicembre, in occasione della Settimana dei Popoli 2016, l’associazione I Presidi del Libro di Noci ha organizzato, all’interno del Chiostro delle Clarisse, un incontro per presentare al pubblico nocese il libro-inchiesta “Ghetto Italia”, scritto dal camerunense Yvan Sagnet e dal barese Leonardo Palmisano, quest’ultimo presente alla manifestazione.

L’evento, moderato da Stefano Verdiani, esamina una tematica a molti sconosciuta, nonostante meriti particolare attenzione perché si verifica proprio a pochi passi da noi. «Questo libro richiama quello che è stata la persecuzione degli ebrei e il nazismo e fornisce un quadro completo dell’industria e del sistema agricolo italiano», ha commentato Verdiani.

Il libro è un rapporto sulla presenza dei braccianti nelle campagne pugliesi e non, dal momento che il fenomeno è diffuso anche oltre i confini della nostra regione. Ed è proprio questo il movente che ha portato a stabilire un piano d’inchiesta, vale a dire un piano tra sfruttamento e caporalato feroce che tocca ben 7 regioni, dal nord al sud Italia. Ed è proprio al nord che nasce tutto quello che poi si ripercuote nei campi della Puglia, dal momento che, come dichiarato dall’autore, al nord è presente il cosiddetto “valore aggiunto”.

L’inchiesta ruota anche su quello che nel libro è definito “ghetto”, vale a dire veri e propri bunker dove i vari braccianti, per lo più migranti, vengono rinchiusi, vivendo in condizioni disumane, in un luogo dove manca tutto quello che serve a una persona per condurre una vita quantomeno dignitosa. Il “ghetto” è un qualcosa che deve essere fornito dalle aziende e dallo stato, perché rappresenta una casa con un tetto, dei letti, dell’acqua e del cibo, ma che purtroppo nella realtà dei fatti è articolato da un feroce sistema criminale. Tutti gli abitanti dei “ghetti” sono vittime di un sistema che ha deciso di scaricare tutti i costi sui lavoratori, i quali non possono permettersi di mangiare nemmeno i frutti che raccolgono. Purtroppo i braccianti accettano ogni condizione di lavoro per salvaguardare la loro vita, dal momento che, per alcuni, il permesso di soggiorno è strettamente collegato a un lavoro effettivo.

«Grazie alle inchieste si riesce ad entrare approfonditamente all’interno della questione» ha commentato l’autore. «In Italia ci sono tutti i tasselli di questo mosaico e nonostante questo non si riesce a sradicarlo. Sono storie che non vengono raccontate dalla tv e dai giornali. Sono azioni del quotidiano. Di certo se ne può uscire culturalmente, anche se non sarà facile perché sarà un processo che abbraccerà più generazioni. Se però si inizia a parlare orgogliosamente del lavoro con la L maiuscola, allora tutto questo può trasformare da negativo a positivo questo fenomeno che ancora oggi si sta vivendo».

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