Cartellate o “scartellate”? Oltre i dolci, i simboli profondi del Natale

NOCI – “Ci alzavamo in silenzio di notte ed andavamo quatti quatti a rubarli dalla credenza”. Così alcune nonne di oggi ricordano e sottolineano la preziosità di quello che entra a pieno titolo nei riti e nei simboli del Natale, ovvero i dolci Natalizi: pettole, pettole cresciute, panzerottini. Siamo di fronte a dei significati forti: territorio, tradizione, preziosità, maternità, matriarcalità, attesa, impegno, rivelazione, gioia, socialità, condivisione, saggezza, nocesità. È un valore la tradizione centenaria del tramandarsi la ricetta da madre in figlia e questi dolci natalizi hanno ulteriori ed ampi valori simbolici, da rievocare e proteggere. Pensare che normalmente essi vengono preparati sull’asse verticale femminile: nonna, mamma, figlie. Immaginiamo quanta magia, quanto sentimento, quanti valori vengono trasmessi in silenzio in quelle ore di preparazione cooperata. Dolci di Natale significa “attesa” e “rivelazione” del Natale, ovvero che dopo un anno è finalmente arrivato il periodo natalizio (i dolci si preparano nei giorni precedenti la festività).

E significa anche simbolo materno, visto che fin da preadolescenti le bambine partecipavano attivamente con la mamma e con la gran mamma (la nonna) a preparare quei dolci. Dolci di Natale significa anche territorio. Gli ingredienti sono tutti naturali (farina, uova, olio, vino, miele, mandorle, buccia di limone, liquore, patate, lievito) e si nota come l’aspetto caratteristico è la produzione locale, la valorizzazione del prodotto delle nostre terre e quindi della nostra identità collettiva. Ecco, appunto, il collettivo, altro valore dei dolci natalizi. Essi erano e sono tuttora simbolo di socialità, di stare insieme, di condivisione. Si preparavano insieme per ore ed ore, intorno al caminetto (anima calda della casa ed unico posto per friggere, e mangiarne), la sera e si offrivano nelle giornate di festa agli amici e parenti, come condivisione del bene e del rito del Natale. Dolci di Natale una volta significava anche saggezza e necessità. L’impegno profuso nel prepararli veniva massimizzato, se ne producevano in quantità tale da farne scorta fino alla befana e siccome erano gli unici dolci dell’anno erano preziosi e servivano a fornire calorie per affrontare la rigidità del freddo invernale.

E nel 2015? I tempi sono cambiati! I dolci li abbiamo tutto l’anno, non c’è bisogno di prepararli, si comprano ad ogni angolo, persino ai distributori automatici. E anche gli inverni non sono più così rigidi come una volta. Gli auguri si fanno su facebook. Il contesto intorno a noi è talmente cambiato che non abbiamo più bisogno delle scartellate, eppure quella voce profonda, simbolica e magica vive in tutti noi, tant’è che non è Natale nelle case dei nocesi se mancano le pettole. E non si può parlare di identità collettiva, di nocesità (lo dico con la pelle d’oca) senza valorizzare, attraverso questi dolci, il valore della mamma. Sarà per questo che mentre vi scrivo mia moglie arriva da dietro e mi sussurra convinta: “e vedi che la versione che fa Mia Madre dei panzerottini è quella veramente rara, non la conoscono nemmeno nei negozi”.

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